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Christiane Kubrick
La terza moglie di Kubrick commenta il film diretto da Spielberg

Terza moglie di Stanley, attrice in gioventù e affermata pittrice. Dopo la morte del marito, ha rotto il silenzio che ha sempre contraddistinto lo stile di vita dei Kubrick e ha rilasciato molte interviste, specialmente per porre fine alle menzogne giornalistiche che volevano Kubrick un orco eremita e misantropo.

 
La vedova del regista scomparso: è quello che Stanley voleva
di Giovanna Grassi

Christiane Kubrick è più che soddisfatta: le volontà del marito sono state rispettate. Due anni fa, la vedova del regista aveva annunciato in esclusiva al Corriere della Sera che sarebbe stato Spielberg a dirigere A.I.. E così è stato, malgrado il compito non fosse per nulla facile.

"Per via non solo dell'eredità di Stanley - ammette la signora Christiane - ma anche per la storia divisa in più parti: basata sui racconti di Brian Aldiss; su una cosiddetta screen story di Ian Watson; infine sulla sceneggiatura che Spielberg ha deciso di riscrivere. Ritengo che la pellicola rifletta la poesia e soprattutto l'emozione, ultima frontiera quanto mai controversa dell'evoluzione dei robot, tema che coinvolgeva Stanley."

Si affollano i ricordi e lei premette: "E' assolutamente un film di Stanley. Ma nell'animo, nella mente e nello stile è di Steven. Ed era quello che mio marito voleva: un film prodotto e pensato da lui, ma realizzato e vissuto da Spielberg."

Anche Ian Harlan, fratello di Christiane, nonché produttore esecutivo del lavoro, è contento del risultato. "Mentre visionavo l'opera - racconta - ricordavo la corrispondenza via fax tra i due: Stanley aveva chiesto espressamente a Steven di creare a casa sua una linea diretta telefonica per dialogare. La fertile letteratura visionaria di quegli scambi è stata trasferita nella pellicola."

E se qualcuno dirà: "Kubrick avrebbe fatto un altro film"? La vedova del regista ribatte sicura: "Lo potranno dire, certo. Ma senza Spielberg e il suo animo maturo e infantile al tempo stesso, questa complessa storia di A.I., che mio marito tanto voleva vedere sullo schermo, sarebbe scomparsa in un archivio."

Comunque Christiane preferisce parlar d'altro. Per esempio dell'emozione che "ho provato quando il potente Steven mi confidava: Mentre scrivevo la sceneggiatura, ogni tanto era come se sentissi alle spalle la voce di Stanley che mi dava consigli."

La scena che l'ha colpita di più? "Una in particolare, che mi ha fatto pensare a Il dottor Stranamore. Ma sono diversi i riferimenti ai film di Stanley che ho intravisto, compreso uno a Arancia Meccanica." Christiane è sicura che anche Aldiss rimarrà colpito dal risultato finale: "Brian vive a Oxford, ha tanti anni sulle spalle e occhi che sognano. Sempre. Sono certa che ritroverà nel film il suo materiale e ciò che aveva incantato Stanley: la semplice storia di un bambino incapace di farsi amare dalla mamma, una vicenda di sentimenti respinti, una ricerca del senso della vita." [...]

Corriere della Sera, 16 Giugno 2001

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