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Christopher Baker
Il conceptual artist racconta il lavoro di storyboarding sul film

Chris è nato il 17 agosto del 1960 a Birmingham, in Inghilterra. Quando firma i propri disegni usa lo pseudonimo Fangorn, dal nome della più vecchia creatura della Terra di Mezzo del libro Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien.

"Da quando ero bambino ho iniziato a disegnare in ogni spazio bianco che trovavo nei libri. Ho continuato a disegnare per tutto il tempo della scuola e ho venduto il mio primo disegno quando ero ancora un adolescente. Dopo un anno e mezzo di studi grafici, mi hanno assunto in uno studio di Birmingham. Dopo quasi dodici anni di lavoro a tempo pieno, ho deciso di fare il freelance e ormai sono quasi dieci anni che realizzo copertine per libri, romanzi illustrati, libri di design e anche lavori di concept design per la tv e il cinema. Una delle vette della mia carriera è stata aver lavorato per due anni e mezzo con Kubrick per il suo progetto A.I. e per il suo ultimo film, Eyes Wide Shut."

Estratti da un'intervista pubblicata per Redwall.org
Traduzione dall'inglese per ArchivioKubrick

 
Un occhio al futuro
di Anne Gay

Chris Baker, conceptual artist per il film A.I. di Spielberg, in una conversazione con Anne Gay

"Il conceptual artist si inventa il look di un film su carta o con il computer per dare ai produttori e al regista un'idea di come sarà visivamente il film ultimato", spiega Chris Baker. "Ovviamente, se si tratta di un dramma casalingo, o qualcosa del genere, non c'è un gran bisogno di conceptual art. Invece, è molto utile per i grossi film di fantascienza, per i drammi in costume, questo genere di cose. Non significa necessariamente realizzare disegni di alta qualità. Durante tutti gli anni in cui ho lavorato su A.I. con Stanley Kubrick, ho realizzato solo un dipinto; tutto il lavoro era sotto forma di schizzi a matita. Alcuni erano veramente poco raffinati, altri più rifiniti. Anche se, poi, più avanti, ho fatto anche dei lavori a colori con il computer e realizzato un bel po' di disegni in 3D."

Baker, alias Fangorn, è meglio conosciuto come uno dei migliori illustratori di libri, specializzato in fantascienza e fantasy. Ha iniziato a lavorare per A.I. alla fine del 1993. "La prima volta ho incontrato Kubrick a St Albans, nella casa di suo cognato", ricorda. "Stanley aveva visto un romanzo disegnato che avevo realizzato e in esso aveva trovato ovviamente qualcosa che gli era piaciuto. In realtà non era granché preoccupato della qualità dei disegni; essendo un regista, era interessato ai mezzi per raccontare storie. Quello che mi è piaciuto di più a fare fumetti era proprio il raccontare una storia per disegni, in un certo senso, più che disegnarla. Penso che questo si percepisse da quel mio lavoro. Comunque, Stanley disse: Ti facciamo fare un periodo di prova di quattro settimane e vediamo cosa succede. Alla fine ho lavorato per lui per due anni e mezzo. Un'esperienza notevole."

Kubrick aveva una reputazione da perfezionista. Come ha influito su di lei?
Non ho mai discusso su cosa lui voleva o non voleva. Era il suo film, non il mio. Non c'era alcun senso nel produrre roba che non gli piacesse o che non lo interessasse. Così, se anche la sua opinione cambiava di giorno in giorno, per me andava bene. Ero assunto per lavorare con uno dei più grandi registi al mondo. La mia sola preoccupazione era di accontentare Stanley, e tutto sommato sono tuttora estremamente felice del lavoro che ho realizzato. La nostra relazione funzionava piuttosto bene, mi sembra.

Come era come persona?
Non sono riuscito a conoscerlo abbastanza per avere un mio punto di vista su questo argomento. Ma come datore di lavoro, era eccezionale. Una delle prime domande che gli feci dopo aver letto lo script fu una cosa come: "Hai una qualche idea su che aspetto avrà questa scena?" E lui disse: "No, ti ho assunto proprio per questo!" Gli piacquero molte mie idee, fortunatamente, e questo è il motivo per cui stetti a lavorare da lui per così tanto. Alla fine di ogni giorno gli inviavo per fax i miei disegni. Lui li guardava e mi chiamava al telefono per dirmi se gli erano piaciuti o meno, o se c'era qualcosa che voleva diversamente. Non credo si possa ricevere un complimento più grande che avere uno come Kubrick che si arrovella su un'idea che ti è venuta in mente.

Deve essere stato uno shock quando morì.
Sì, lo fu. Quando lo venni a sapere, mi ci volle un bel po' per rendermene conto. Non ero preoccupato del film. Ero molto più preoccupato che lui non sarebbe più stato nei paraggi. In seguito avevo capito che A.I. sarebbe stato realizzato comunque, era un progetto troppo grosso per la Warner per lasciarlo cadere. Ma nessuno di questi pensieri mi venne in mente quando morì.

Poi Steven Spielberg salì a bordo.
Già, e per me fu un fulmine a ciel sereno. Ricevetti una telefonata da Jan Harlan [il cognato di Kubrick e suo produttore per gli ultimi film, nda]. Disse che A.I. era un progetto ancora attivo e mi chiese se mi sarebbe piaciuto farne parte di nuovo. Poi non seppi più nulla per una settimana circa e un venerdì sera verso le sette - mi ricordo perfino l'ora - entrai nel mio studio e vidi che la segreteria telefonica stava lampeggiando. Era un messaggio dalla segretaria di Steven Spielberg, e diceva che Steven voleva parlarmi. Così la richiamai, ma lei non riuscì a mettermi in comunicazione con lui. Disse: "Riattacchi il telefono e la richiamerà in dieci o quindici minuti." Così aspettai accanto al telefono per dieci o quindici minuti, che diventarono presto un'ora e poi due... Non ricevetti la chiamata fino a lunedì! Più o meno due settimane dopo, ero in volo verso Los Angeles a visitare l'ufficio di Spielberg alla Amblin/Dreamworks nello stabilimento della Universal. Rick carter, il production manager, mi portò in una sala conferenze dove trovai tutti i miei disegni appesi alle pareti. Quella fu la prima volta che parlai approfonditamente del progetto con qualcuno che non era Kubrick, e fu una cosa piuttosto sorprendente. Più tardi quel giorno, incontrai Spielberg in persona. Restai a Los Angeles per circa una settimana, tornai a casa e lavorai dall'Inghilterra su A.I. per un periodo di cinque mesi. Nell'anno successivo poi fu tutto uno spostarsi di continuo tra l'Inghilterra e Los Angeles.

"Ovviamente Steven mi aveva assunto per via del contatto che avevo avuto con Stanley," aggiunge Chris. "In sostanza, ho prodotto letteralmente migliaia di schizzi e bozze per il design del film, che a Spielberg piacquero molto. A partire dai miei schizzi, il reparto artistico di A.I. crebbe di numero, raccogliendo un team di altri artisti e scenografi che realizzarono versioni a colori dei disegni e modellini. Da qui in poi, Rick e la sua squadra di direttori artistici e scenografi iniziarono il loro lavoro." Baker, laureato alla Bournville School of Art di Birmingham, ha già lavorato su altri due film, The Time Machine e Era mio padre, e gli piacerebbe diventare un direttore artistico o un direttore di produzione, e magari un regista. "Mi piacerebbe molto occuparmi della produzione per un film di animazione, perché sul serio ha a che fare con molta arte. Il production design per il live action ha più a che fare con la logistica: come una cosa sarà filmata, dove sarà filmata, quanto costerà, ecc. Ha anche a che fare con il lavorare con una squadra alle tue dipendenze. Nell'animazione invece tutto quanto si svolge sulla tavolozza dei disegni. L'aspetto logistico e finanziario della faccenda mi attira molto meno, ma certamente non mi sento di escluderlo nella mia carriera. Comunque, qualunque cosa farò, mi piacerebbe continuare a lavorare nel cinema."

Tiscali.co.uk, 2001
Traduzione dall'inglese per ArchivioKubrick

Chris Baker
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