A.I. Intelligenza Artificiale
Home > Opere > Corti e film > A.I. > Interviste: ILM Team
Il team della ILM
I tecnici della Industrial Light and Magic raccontano i retroscena del film incompiuto di Kubrick

In questo articolo di Ron Magid, Dennis Muren, capo supervisore degli effetti alla Industrial Light & Magic di George Lucas, racconta il contributo dei suoi tecnici al progetto A.I., in particolare per la realizzazione del bambino-robot.

 
Il film perduto di Stanley Kubrick
di Ron Magid

Il compianto regista ha lasciato dietro di sè una pletora di progetti incompiuti, tra cui un tanto chiacchierato film di fantascienza. Ora, i maghi degli effetti chiamati a creare il personaggio principale del film ci danno un raro sguardo dall'interno al progetto A.I.

Per molta parte del XX secolo il mondo è andato da lui. Sia che il suo film fosse ambientato nelle montagne del Colorado o che fosse in una città bombardata del Vietnam, Stanley Kubrick in qualche modo ricreava questi mondi negli studi della sua patria adottiva, l'Inghilterra. Legato da un cordone ombelicale elettronico al resto del mondo, viveva attaccato al telefono, costantemente richiedendo conversazioni e facendo incessantemente, ossessivamente, domande. Ora, consumato da un progetto a lungo sognato chiamato A.I., aveva raccolto una coppia di maestri degli effetti speciali nella sua villa nell'Hertfordshire.

Era la sera tardi del giorno del ringraziamento nel 1993. Dennis Muren, capo supervisore agli effetti speciali nella fabbrica di George Lucas nella California del nord, l'Industrial Light & Magic, e il suo collega Ned Gorman, produttore degli effetti visivi alla ILM, arrivarono alla proprietà-fortezza dei Kubrick. La macchina che lo schivo regista aveva mandato a prenderli oltrepassò una serie di cancelli di sicurezza lungo una strada che conduceva alla casa principale della proprietà, ora la biblioteca/ufficio/studio di montaggio/sala di proiezione/cucina di Kubrick. All'interno il 65enne esule americano aveva preparato una tradizionale cena del ringraziamento per i suoi ospiti. Sebbene Kubrick colorasse il suo discorso con espressioni tipicamente dello slang inglese, più di 20 anni di vita in Inghilterra avevano fallito nel portargli via l'accento del Bronx. In un forte accento newyorkese, Kubrick discusse i suoi passati successi nel campo degli effetti speciali e gli attuali strumenti a disposizione tra morsi dati al tacchino e ad altre pietanze.

Muren e Gorman si aspettavano di trovare il gelo, un recluso alla Howard Huges, mentre si trovarono al contrario in compagnia di un giullare, di un uomo energico che chiacchierava brioso su tutto, dall'ultima edizione del Dottor Stranamore su laser disc all'oscar vinto da Muren per il suo lavoro in Jurassic Park. "Saltava su e diceva: Oh, vi devo mostrare questo! e tornava con una foto che aveva del grosso sistema di front-projection che era stato costruito per 2001", ricorda Muren. "Poi iniziava a dirci di quello che aveva, come una coppia di macchine da presa da 70mm che aveva comprato per Barry Lyndon. Diceva che non sapeva se avrebbe girato A.I. con quelle oppure no."

"Ovunque tu guardassi, c'erano vecchie macchine da scrivere elettriche della IBM e computer che erano stati sorpassati", dice Gorman, ricordando una piccola stanza riempita di tecnologie diventate obsolete. "Ebbi l'impressione che Stanley ottenesse immeditamente le tecnologie appena fossero state disponibili, ma appena arrivavano, erano letteralmente gettate via in un angolo per far posto alla prossima cosa." Anche la cariera di Kubrick è costellata di progetti abbandonati: il western che lo vide arrendersi a Marlon Brando I due volti della vendetta; il film su Napoleone al quale lavorò per anni con l'autore di Arancia Meaccanica, Anthony Burgess; Aryan Papers sul tema dell'Olocausto e altri in numero imprecisato. La sua indifferenza, come la sua ossessione, non conosceva limiti.

Ma Kubrick era anche un maestro stratega. Non appena la discussione ritornò su A.I. - abbreviazione per Artificial Intelligence - egli rivelò solo piccoli e vaghi dettagli della trama del suo progetto. Le calotte polari si stavano sciogliendo, New York si trovava improvvisamente sommersa, e l'eroe della sua storia era un ragazzo che con ogni probabilità poteva essere un robot. "Aveva bisogno di sapere come realizzare la cosa", dice Gorman a proposito dell'elusività di Kubrick; "credo che volesse avere sufficienti informazioni per vedere se era una cosa che si può fare senza spendere tutto il denaro della Banca d'Inghilterra."

Kubrick aveva già contattato diversi artisti degli effetti speciali britannici per decidere se usare del trucco su un attore bambino o se era meglio creare un pupazzo in animatronics per il "ragazzo-robot". Quello che voleva sapere dagli esperti della ILM era se poteva raggiungere risultati migliori usando le emergenti tecnologie digitali. L'estate prima, gli effetti di Jurassic Park avevano stupito i cinefili. Ora il regista voleva imparare cosa la ILM e Muren, che aveva sguinzagliato quei dinosauri, potevano fare per visualizzare il mondo di A.I., la prima incursione nella fantascienza guidata dalla tecnologia che il regista faceva dal 1968 con 2001: Odissea nello Spazio.

Così, dopo cena, fece entrare i due maestri in una piccola sala di proiezione per visionare il filmato digitale di prova che i due ospiti gli avevano portato dalla California. Il test, proposto per un pezzo che non fu mai realizzato, mostrava una nave pirata creata col computer, che solcava il mare aperto. Kubrick, che stava già pensando di inondare i grattacieli di New York in A.I., voleva vedere proprio come sembrava l'acqua creata al computer. Entusiasticamente si diresse verso la cabina di proiezione, dove lui stesso aveva personalmente sistemato il filmato digitale in 35 mm. E quando si accesero le luci, il test della ILM aveva apparentemente soddisfatto il famoso perfezionista: "Stanley fu impressionato come previsto", dice Gorman.

Ma poi venne il tempo delle domande; Kubrick prese una pena e una lavagnetta e iniziò a fare un interrogatorio di terzo grado ai suoi ospiti, cercando di capire quanto poteva essere difficile per la ILM trasformare, diciamo, le torri dei pozzi di petrolio nei grattacieli sommersi di New York. Diventò rapidamente chiaro che Kubrick, che sapeva delle tecnologie digitali quasi quanto i suoi ospiti, "aveva fatto la versione alla Stanley di un corso accademico", riferisce Gorman. "Stanley aveva preparato una lista di domande molto minuziosa e le successive sette ore furono incredibimente intense. Ad un certo punto disse E' possibile? E ve lo sto chiedendo perché penso che voi siate le ultime due persone sulla terra che uno cercherebbe di prendere in giro. E io avevo giusto la sensazione che quello che voleva dirci era Non cercate di prendermi in giro!"

Muren e Gorman fecero del loro meglio per stare al passo col loro ospite, la cui attenzione non calava mai, ma Gorman ammette che "era un passo molto difficile da tenere. Noi volevamo davvero chiedergli tutte le domande. Voglio dire, quanto spesso ti capita di incontrare Stanley Kubrick?"

Alla classe finalmente fu concessa la ricreazione; l'incontro era iniziato la sera tardi quindi Muren poteva contare sul fuso orario del Pacifico, perdendo solo un giorno nella preproduzione di Casper, film che doveva presentare il primo protagonista in computer graphic - e probabilmente testare il campo per il ragazzo-robot di A.I. Muren e Gorman tornarono col volo della mattina in California, esultanti per la possibilità di portare il loro talento in aiuto di quello che sembrava essere il progetto più ambizioso mai realizzato da Kubrick. "Non ricordo tutto quello su cui abbiamo discusso con Stanley", conclude Muren. "Penso che provassimo una specie di timore reverenziale."

Dato che Kubrick aveva dato loro così poche informazioni circa il progetto, erano completamente abbandonati a loro stessi. Su indicazione, Muren e Gordon lessero il piccolo racconto di Brian Aldiss scritto alla fine degli anni '60 su cui A.I. sembrava essere basato, Super-Toys Last All Summer Long, anche se non era chiaro se la storia garantisse più indiscrezioni sul prodotto finale di quanto poteva fare La Sentinella di A. C. Clarke con 2001. Senza ulteriori specifiche da parte di Kubrick, era difficile scegliere un approccio ai monumentali compiti di lavoro per gli effetti che A.I. presentava.

The Blue Boy

Thomas Gainsborough
The Blue Boy

Quasi immediatamente, iniziarono le telefonate dall'Inghilterra. Ma nonostante tutte le domande di Kubrick, il regista rimaneva vago circa il ragazzo-robot. Diceva che in quel momento stava pensando a qualcosa sullo stile delle bambole vittoriane dipinte. Come referente mandò a Muren e Gordon una fotocopia del Blue Boy di Gainsborough. Per trasportare sulla carta le idee di Kubrick, Muren si rivolse a uno dei migliori art director per gli effetti della ILM, Ty Ruben Ellingson, (che aveva lavorato su Jurassic Park e per l'edizione speciale di Guerre Stellari). Ellingson, che dopo aver lasciato la ILM aveva formato il Combustion Studio col socio D. J. Marini, iniziò anche lui con il racconto di Aldiss, "ma tutto quello che avevo sentito sul film non trovava conferme in quella storia", confessa.

Mentre rimane ambiguo se il piccolo protagonista del racconto di Aldiss sia ssolutamente umano, "Kubrick aveva l'idea che questo ragazzo dovesse sembrare troppo perfetto per essere reale", spiega Ellingson. "Pensavo che Stanely stesse cercando di creare una situazione in cui il ragazzo non sembrasse umano, ma si comportasse come se lo fosse, e alla fine, sarebbe diventato il personaggio più umano del film." Ma Ellingson si chiedeva come il pubblico avrebbe saputo che questo umano sintetico era un robot, dato che appariva come un ragazzo reale. "Così, il primo esercizio," ricorda, "fu creare una lista di 50 modi per raccontare la differenza. Ero così fottutamente fuori di testa per via di Kubrick che finii per cadere in un limbo, capisci? Pensavo a qualunque cosa, da una manifestazione dei meccanismi interni - una specie di luci che uscivano dal corpo - fino a lentiggini e piccoli nei simmetrici sulla faccia del bambino. Kubrick voleva che il ragazzo sembrasse androgino e con lo sguardo perso, così iniziai a pensare: Cosa rende gli occhi da bambola proprio simili ad una bambola? E' perché gli occhi delle bambole non si focalizzano in un punto nello spazio, semplicemente non mettono a fuoco nulla. Sono vuoti. Procedevo a tentoni. Avevamo già fatto Jurassic Park, così c'era la sensazione di poter fare tutto."

Dato che le facce umane sono inevitabilmente asimmetriche, Ellingson visualizzava la faccia del bambino-robot come fosse inumanamente bilanciata. Decise anche che le dozzine di complessi servomotori, necessari in teoria a realizzare un'automazione con movimenti così credibilmente delicati e simili alla vita, avrebbero creato certi condizionamenti spaziali e causato quindi strane proporzioni nella testa del piccolo bambino. Ad esempio Ellingson pensava che gli occhi avrebbero finito per essere più distanti tra loro di quelli di un normale essere umano, dando al bambino-robot sembianze aliene. Così Ellingson si sedette al computer e iniziò a lavorare. "Feci uno studio con Photoshop di una faccia da bambino che trovai su una rivista, usando sulla faccia il comando mirror a destra e a sinistra così che divenne perfettamente simmetrica, e misi gli occhi un po' più lontani." Kubrick si illuminò alla vista di questo approccio.

Ma gli artisti degli effetti misero sull'attenti il regista. Poiché nessuno aveva creato con successo un personaggio umano in digitale, che dialogasse e interagisse realisticamente con un ambiente vero, "gli dicemmo dovrai accettare l'idea di usare un bambino vero qualche volta, perché non puoi fare il personaggio tutto effetti digitali" ammette Ellingson. Sarebbe stato proibitivo in termini di costi creare un personaggio interamente digitale per il protagonista di A.I., specialmente se si considera il debole di Kubrick per le dozzine di ciak con gli attori. Se posta con un'infinita rosa di possibilità per creare l'animazione del ragazzo-robot, la ILM aveva paura che Kubrick potesse trastullarsi con queste riprese. "Non volevamo metterci nelle condizioni di essere stretti in un angolo con la realizzazione digitale del ragazzo se questa poteva essere evitata", dice Ellingson.

Il dibattito "CG sì - CG no" andò avanti per un intero anno. Da una parte "Stanley aveva l'idea che potesse essere un pupazzo animato meccanicamente nascondendo i cavi dalla macchina da presa," dice ancora Ellingson, "e noi cercavamo quindi di convincerlo che potevamo usare la computer graphic per rimuovere e corde e i cavi idraulici. Ma allora Stanley avrebbe detto Bene, se questi occhi devono essere più distanti tra loro, non potremmo usare un attore bambino e cambiargli digitalmente la testa?"

Nel frattempo Muren aveva chiesto a Ellingson uno storyboard per una sequenza dove il ragazzo avrebbe camminato, in modo da mostrare a Kubrick quali ciak avrebbero coinvolto un vero bambino, quali avrebbero funzionato con un animatronic e quali avrebbero richiesto la computer graphic. "Kubrick voleva un menu dal quale potesse scegliere inquadrature in base al loro costo in dollari", afferma Ellingson. "Voleva un resoconto che mostrasse Bambino-In-Primo-Piano, Bambino-In-Campo-Medio, Bambino-In-Campo-Lungo." Ma anche dopo questo, Kubrick non voleva impegnarsi sulla lunghezza delle inquadrature. "Voleva sapere: Quanti soldi per quanti minuti?" ricorda Ellingson. "Stanley voleva le inquadrature con girato extra, così avrebbe tagliato e montato a proprio piacimento. Voleva concedersi l'opportunità di scegliere, come faceva in tutti i suoi film col normale girato pieno di inquadrature alternative. Ma è qualcosa che semplicemente non si può fare nel lavoro con gli effetti."

Mentre il tempo passava, Kubrick insisteva nel tenere aperte le opportunità. "Non penso ci sarebbe stato nulla a cui avesse guardato e detto Così va bene!", affema Muren. "Semplicemente, cercava in continuazione. E' questo il modo in cui mi ricorderò di Stanley - cercava di continuo."

Alla fine Kubrick commissionò un test per le riprese in elicottero di un pozzo petrolifero nel Mare del Nord, che voleva sostituire digitalmente con le guglie affondate di New York. Ma poi, senza spiegazioni, il suo interesse per A.I. iniziò apprentemente a raffreddarsi. Kubrick rivolse la sua attenzione a Eyes Wide Shut.

Nel frattempo Ellingson lasciò la ILM e Muren e Gorman continuarono a supervisionare gli effetti per Il Mondo Perduto, fare da consulenti per gli effetti per l'edizione speciale di Guerre Stellari, e si imbarcarono nel progetto di La Minaccia Fantasma. Le telefonate di Kubrick continuarono fino poche settimane prima la morte del regista, mentre gli effetti della Minaccia erano in fase conclusiva. Sorprendentemente Kubrick - l'uomo che non smetteva mai di girare finché non raggiungeva l'assoluta perfezione, anche se occorrevano 100 ciak - voleva alterare una ripresa già finita in Eyes Wide Shut. "Disse che voleva che la macchina da presa panoramicasse quando invece si era girata", racconta Muren. "Così gli parlai per un po' e dissi Questo è quello che posso fare, poi gli chiesi, Allora, come viene A.I.? e lui disse Oh, yeah..."

Il 7 marzo 1999 Staley Kubrick è morto nel sonno nella sua casa. Aveva 70 anni. Come molti dei suoi progetti non conclusi, A.I. - che non ha mai avuto un cast definito o uno script ultimato - rimarrà enigmatico come il regista stesso.

Mentre i registi e i cinefili nel mondo lo compiangono, Gorman ha capito che oltre ad una perdita personale, la morte di Kubrick è stata "una tragedia professionale. Sarebbe stato affascinante vedere cosa Stanley avrebbe fatto con le teconologie digitali, e dove le avrebbe portate. Ognuno sperava che A.I. sarebbe stato quel film. E ora, semplicemente, non sarà così."

Entertainment Weekly, 18 Giugno 1999
Traduzione dall'inglese per ArchivioKubrick

Dennis Muren
Argomenti correlati
. Super-Toys Last All Summer Long: la novella di Brian Aldiss tradotta in italiano.
. Napoleon: il film sull'imperatore corso, uno dei tanti progetti incompiuti di Kubrick.
 
Caleidoscopio
Home > Opere > Corti e film > A.I. > Interviste: ILM Team