2001: Odissea nello Spazio
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Commiato a 3001: Odissea Finale
L'ultimo romanzo scritto da Clarke

 
Commiato
di Arthur C. Clarke

"Mai spiegare, mai scusarsi", potrebbe essere un eccellente consiglio per politici, magnati hollywoodiani e del mondo della finanza, ma un autore dovrebbe trattare i propri lettori con maggiore considerazione. Quindi, anche se non ho intenzione di scusarmi di niente, forse la complessa genesi del Quartetto dell'Odissea richiede qualche spiegazione.

Tutto cominciò nel Natale del 1948.... sì, 1948!.. con un racconto di quattromila parole scritto per un concorso sponsorizzato dalla BBC. La sentinella narrava la scoperta di una piccola piramide sulla Luna, lì collocata da qualche civiltà aliena in attesa dell'apparizione del genere umano come specie in grado di popolare un pianeta. Fino ad allora, era sottinteso, noi saremmo stati troppo primitivi per essere di qualche interesse. [La ricerca di manufatti alieni nel sistema solare dovrebbe essere una branca della scienza perfettamente legittimata ("esoarcheologia"?). Sfortunatamente è stata ampiamente screditata da quanti sostenevano che simili prove erano già state trovate - ed erano state volutamente soppresse dalla NASA! E' incredibile che si possa credere a una simile sciocchezza: sarebbe molto più probabile invece che l'Agenzia spaziale falsificasse deliberatamente manufatti extraterrestri... per risolvere i suoi problemi di bilancio! (Pensateci, dirigenti della NASA...)]

La BBC respinse il mio modesto sforzo e non venne pubblicato se non quasi tre anni dopo nella sola e unica edizione (primavera del 1951) di 10 Story Fantasy - rivista che, come commenta sarcastica l'impagabile Encyclopedia of Science Fiction è "ricordata principalmente per essere scarsa in aritmetica" (i racconti erano tredici).

La sentinella rimase nel limbo per più di un decennio, fin quando Stanley Kubrick mi contattò nella primavera del 1964 e mi chiese se avessi qualche idea per il "proverbiale" (cioè non ancora esistente) "buon film di fantascienza". Durante le nostre numerose sedute di discussioni, come narrato in The Lost Worlds of 2001, decidemmo che i pazienti osservatori sulla Luna avrebbero potuto fomirci un buon inizio per la nostra storia. Alla fine divenne ben più di quanto previsto, dal momento che a un certo punto della produzione la piramide si tramutò nel monolito nero, oggi tanto celebre.

Per mettere la serie delle Odissee nella giusta prospettiva, bisogna ricordare che, quando Stanley e io cominciammo a progettare quello che in privato intitolammo "Come il sistema solare venne conquistato", l'era spaziale aveva appena sette anni e nessun essere umano si era allontanato a più di un centinaio di chilometri dal pianeta base. Benché il presidente Kennedy avesse annunciato che gli Stati Uniti intendevano andare sulla Luna "entro questo decennio", alla maggior parte della gente tutto ciò doveva apparire ancora come un sogno lontano. Quando il 29 dicembre 1965, una giornata gelida, cominciarono le riprese nei pressi di Londra [A Sbepperton, distrutta dai marziani in una delle scene più drammatiche del capolavoro di Wells, La guerra dei mondi], non sapevamo nemmeno a cosa assomigliasse la superficie lunare vista da vicino. C'era ancora il timore che la prima parola pronunciata da un astronauta uscendo dalla capsula potesse essere "Aiuto!" mentre spariva sotto uno strato di impalpabile polvere lunare. Tutto sommato, ci andammo abbastanza vicino; solo il fatto che i nostri paesaggi lunari fossero più frastagliati di quelli veri - lisciati da eoni di sabbiature di polvere meteoritica - rivela che 2001 fu girato prima dell'epoca delle Missioni Apollo.

E' naturale che ai giorni nostri possa sembrare assurdo che si sia potuto immaginare gigantesche stazioni spaziali, alberghi di lusso orbitanti e spedizioni su Giove già nel 2001. Comunque oggi è difficile capire che già negli anni Sessanta c'erano seri piani per basi permanenti sulla Luna e per l'atterraggio su Marte... entro il 1990! Ma negli studi della CBS, immediatamente dopo il lancio dell'Apollo 11, sentii il vicepresidente degli Stati Uniti proclamare entusiasta: "Adesso possiamo andare su Marte!"

Sta di fatto che fu fortunato se non andò a finire in prigione. Quello scandalo, oltre al Vietnam e al Watergate, è uno dei motivi per cui quegli ottimistici programmi non furono mai realizzati.

Quando il film e il libro di 2001: Odissea nello spazio uscirono nel 1968, la possibllità di un seguito non mi sfiorò nemmeno. Ma nel 1979 ebbe luogo una vera missione su Giove e ottenemmo i nostri primi piani del pianeta gigante e della sua stupefacente famiglia di lune. Le sonde spaziali Voyager [Che, passando vicino a Giove, utilizzavano manovre "in presenza di gravità" o "a colpo di fionda" - esattamente come faceva la Discovery nella versione libresca di 2001] erano ovviamente senza equipaggio, ma le immagini inviate resero reali - e totalmente inaspettati - mondi che fino a quel momento erano stati semplici punti di luce nei più potenti telescopi. I vulcani di Io in continua eruzione solforosa, la faccia di Callisto segnata dagli innumerevoli impatti, il paesaggio bizzarramente disegnato di Ganimede: era quasi come se avessimo scoperto tutto un nuovo sistema solare. La tentazione di esplorarlo era irresistibile, donde 2010: Odissea due che mi offrì anche l'occasione di scoprire cosa era successo a Dave Bowman, dopo essersi svegliato in quella enigmatica stanza d'albergo.

Nel 1981, quando mi misi a scrivere il nuovo libro, la guerra fredda era ancora in atto, e pensai che mi sarei messo in una posizione difficile - oltre a rischiare critiche - presentando una missione congiunta di russi e americani. Sottollneai anche la mia speranza di una futura cooperazione dedicando il romanzo al Nobel Andrej Sacharov (allora ancora in esilio) e al cosmonauta Aleksej Leonov il quale, quando alla Città delle stelle gli comunicai che avrei chiamato l'astronave con il suo nome, esclamò con la sua tipica esuberanza: "Allora sarà una buona astronave!"

Mi sembra ancora incredibile che, quando nel 1983 ne fece un eccellente versione filinica, Peter Hyams abbia potuto usare i veri primi piani delle lune gioviani ottenuti durante la missione del Voyager (alcuni dopo un'utile rielaborazione computerizzata eseguita nel Jet Propulsion Laboratory, fonte degli originali). Tuttavia, ci si aspettava immagini molto migliori dall'ambiziosa missione Galileo il cui compito era quello di effettuare un'ispezione particolareggiata dei satelliti principali lungo un periodo di diversi mesi. La nostra conoscenza di questo nuovo territorio, in precedenza ottenuta solo con un breve sorvolo, sarebbe aumentata enormemente - e non avrei avuto più scuse per non scrivere 2061: Odissea tre.

Purtroppo avvenne una tragedia durante la missione di Giove. Il piano prevedeva il lancio della sonda Galileo dalla navetta spaziale nel 1986 - ma il disastro della Challenger elinò quella possibilità e ben presto fu chiaro che non avremmo ottenuto altre informazioni da Giove o da Europa, Ganimede e Callisto per almeno un altro decennio. Decisi di non aspettare e, nel 1985, il ritorno della Cometa di Halley nel sistema solare mi offrì un argomento irresistibile. La sua prossima apparizione, prevista per il 2061, sarebbe stata una buona occasione per una terza Odissea, anche se, non essendo sicuro di quando l'avrei consegnato, chiesi al mio editore un anticipo piuttosto modesto. E' con molta tristezza che cito la dedica di 2061: Odissea tre:

Alla memoria di Judy-Lynn del Rey,
editor straordinaria che acquistò questo libro per un dollaro
- ma non seppe mai se spese bene i suoi soldi.

Naturalmente non è possibile che una serie di quattro romanzi di fantascienza, scritti in un periodo di oltre trent'anni di sviluppi tecnologici e politici tra i più stupefacenti (in particolare nell'esplorazione spaziale), abbia una sua coesione globale. Come ho scritto nell'introduzione di 2061: "Così come 2010: Odissea due non era esattamente il seguito di 2001: Odissea nello spazio, allo stesso modo questo libro non è propriamente il seguito di 2010. Questi tre lavori vanno considerati alla stregua di variazioni sullo stesso tema: essi hanno sì molti personaggi e situazioni in comune, ma non è detto che avvengano nello stesso universo." Se volete una buona analogia con un altro medium, ascoltate ciò che Rachmaninoff e Andrew Lloyd Webber hanno fatto della stessa manciata di note di Paganini.

Perciò questa Odissea finale ha scartato molti elementi dei libri che l'hanno preceduta, ma ne ha sviluppati altri spero più importanti - con cura molto maggiore. E se qualche lettore dei precedenti libri si sente disorientato da queste trasformazioni, spero di poterlo dissuadere dall'inviarmi lettere irose di denuncia utilizzando una delle frasi più gentili di un certo presidente americano: "E' solo finzione, stupido!" Ed è tutta mia finzione personale, nel caso non l'abbiate notato. Benché mi sia avvalso con successo della collaborazione di Gentry Lee [Per un'improbabile coincidenza, Gentry Lee era ingegnere capo dei progetti Galileo e Viking. (Si veda la postfazione a Rama II) Non è stata colpa sua se l'antenna della Galileo non si è dispiegata...], di Michael Kube-McDowell e dello scomparso Mike McQuay - e non esiterei a fare di nuovo appello alle migliori penne dell'ambiente in caso di progetti futuri troppo vasti da poterli gestire da solo - questa particolare Odissea l'ho scritta di persona. Perciò ogni parola è mia. Devo confessare che ho trovato il professor Thirugnanasampanthamoorthy (capitolo 35) sull'elenco telefonico di Colombo; spero che il vero possessore del nome non obietterà se l'ho preso a prestito. Ci sono anche alcuni prestiti provenienti dal grande Oxford English Dictionary. E sapete una cosa? Con mio grande piacere, ho scoperto che utilizza nientedimeno che sessantasei citazioni dai miei libri per illustrare il significato e l'uso di certe parole!

Caro Oxford English Dictionary, se trovi un esempio che ti serva in queste pagine, ti prego di approfittarne... di nuovo. Chiedo scusa per il numero di colpettini di tosse (circa dieci, all'ultimo conteggio) di questo "Commiato"; ma gli argomenti sui quali volevo richiamare l'attenzione mi sembravano troppo importanti per essere trascurati.

Infine, vorrei rassicurare tutti i miei amici buddhisti, cristiani, induisti, ebrei e musulmani che sono sinceramente contento che la religione che il Caso ha voluto darvi abbia contribuito alla vostra pace mentale (e spesso, come oggi la scienza medica occidentale ammette con una certa riluttanza, al vostro benessere fisico). Forse è meglio essere in-sani e felici, che sani e in-felici. Ma meglio di tutto è essere sani e felici.

La maggiore sfida del futuro consiste proprio nel fatto che i nostri discendenti riescano a raggiungere questo fine. Certo, potrebbe anche derivarne che ci sia o meno un futuro per noi.

Commiato a 3001: Odissea Finale, Longanesi, 2000
Arthur C. Clarke
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