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La guerra di indipendenza di Hollywood
di Colin Young

Negli Stati Uniti gli studios devono sperare di recuperare la maggior parte delle spese sul mercato nazionale, vale a dire il pubblico meno specializzato del mondo (si sa che essere americani non ha nulla di speciale); la tentazione di livellare tutto al minimo comun denominatore è costante, e vi si cede quasi sempre. Con queste premesse è difficile che un regista, da solo, possa dare un'impronta personale al proprio lavoro. Quasi sempre in America non è il regista che monta il film, ma gli studios, dove spesso le decisioni si prendono in gruppo. Non è arduo intuirne la ragione. Quando ci sono in ballo milioni di dollari, le questioni di responsabilità difficilmente dipendono dall'opinione di uno solo. Si cercano altri riscontri, spesso esterni. Ed ogni qual volta tali riscontri toccano un film, esso riflette sempre meno l'idea del regista. Lo Screen Directors' Guild [il sindacato americano dei registi, NdT.] recentemente ha aggiunto una clausola al contratto standard, esigendo dal produttore che il regista abbia diritto al primo montaggio, ma non di rado il tutto si riduce ad una pura formalità. (In un caso accaduto poco tempo fa il regista praticamente è stato l'unico, insieme al montatore, a vedere la sua versione del film prima che venisse ritirato per essere proiettato, non montato, ai produttori.) Se aggiungiamo anche l'attuale tendenza a stanziare dei budget maggiori, partendo dall'assunto che un investimento più grande comporta meno rischi, probabilmente rimarrà sempre meno margine di controllo nelle mani del regista; a meno che questi non abbia potere di influenza per motivi di anzianità artistica, esperienza, o per aver cofinanziato il film.

Un quadro piuttosto scoraggiante per un giovane che tenti di farsi strada passando per il boccaporto televisivo, o di spiccare il lungo difficile salto dai cortometraggi o dalle classiche piece teatrali alla cinematografia vera e propria. Per molti registi europei tutto questo è già un motivo sufficiente per non lavorare a Hollywood; sono infatti abituati a risolvere i problemi finanziari caso per caso, ogni volta che riescono a trovare uno sponsor che accetti di sostenere le loro idee - e spesso si tratta di budget che basterebbero appena per una sola carica di elefanti alla Cecil B. De Mille ultima maniera...

Ma la libertà di fare le proprie scelte, di fare un film a modo proprio, alla maggior parte dei registi di Hollywood non interessa nemmeno. Sembra che gli basti far parte di un grande insieme organico. Sono solo una minoranza quelli che, ognuno a modo suo, inseguono questa libertà. Probabilmente si conoscono anche, ma non hanno nulla in comune a parte gli interessi. Alcuni di loro giocano a poker insieme, ma risolvono i problemi in modo differente; qualcuno, come Stanley Kubrick, decide di rimanere totalmente indipendente dalle grandi case produttrici, qualcun altro, legato a qualche studio hollywoodiano da un contratto più o meno sicuro, aspetta l'occasione di liberarsi da questa stretta. Altri, ancora all'inizio, prestano un paziente e trepido apprendistato a teatro o alla televisione in diretta, o cominciano a girare qualche corto - di solito documentari ma a volte anche fiction. In ognuno di questi casi i problemi pratici sono diversi - non c'è un'unica facile strada verso l'indipendenza. Ma in tutti i casi l'obiettivo è lo stesso: la libertà di fare un film personale, il più scevro possibile da compromessi. La paura di fallire è lì, tangibile, e per questo chissà quanti ogni anno si arrendono. Assieme alla paura costante di aver ormai perso la voglia di usare quella libertà una volta conquistata...

Stanley Kubrick è probabilmente il più discusso tra i registi emergenti di Hollywood del dopoguerra: annovera già quattro film indipendenti - Fear and Desire, Il Bacio dell'Assassino, Rapina a Mano Armata, e Orizzonti di Gloria. Recentemente ha lasciato la produzione che stava per girare I Due Volti della Vendetta, un film indipendente di Marlon Brando, apparentemente per cominciare a lavorare su Lolita, con James Harris, il produttore che lo accompagna dai tempi di Rapina a Mano Armata. I due hanno comprato i diritti del romanzo un mese dopo la pubblicazione, e da allora hanno ricevuto numerose offerte da altri produttori, la più alta per 650.000 dollari. Anche questa è stata puntualmente rifiutata.

Un tipico esempio delle cifre gonfiate che girano ad Hollywood. Ma, curiosamente, non della tipica maniera di lavorare di Kubrick e Harris. Orizzonti di Gloria è stato realizzato con 900.000 dollari - 350.000 dei quali è andata a Kirk Douglas, la star del film. Quindi, a parte la fetta di Douglas, il film è costato relativamente poco - di certo è stato un affare per i distributori, la United Artists (che finora ha ricavato dal film 2 milioni e mezzo di dollari in tutto il mondo).

Kubrick è sicuro che la vera indipendenza si ottenga solo stando alla larga dai grandi studios il più a lungo possibile. Con questo intende che un regista dovrebbe avere in mano una sceneggiatura già pronta, e se possibile un cast già scelto e ingaggiato, prima di andare a chiedere soldi ad un grande studio. Una virgola in meno di questo e si rischiano intromissioni e perdita di controllo. Si deve includere almeno un nome famoso e la lista di quelli possibili è piuttosto corta - Kubrick ha indicato una quindicina di uomini e solo sette donne. "Ciò implica", riassume, "che hai bisogno dei mezzi per rimanere indipendente fino a che la sceneggiatura è finita, finché non hai la tua star, e finché il contratto non è stato redatto in modo corretto" (con "corretto" intende in modo che la libertà del regista non sia solo una bolla di sapone).

Un sistema così inesorabilmente legato ad una lista di nomi da botteghino ovviamente impone seri limiti alla libertà del regista di scegliere il proprio materiale. Ma questo per Kubrick non pare essere un problema. "Rimane sempre un numero di buone storie sufficienti a permetterti di fare ciò che vuoi e rimanere indipendente."

L'unica volta che Kubrick ha lavorato con un grande studio è stato dopo Orizzonti di Gloria, quando, con un contratto di 40 settimane ottenuto da Dore Schary, ha scorrazzato libero nell'archivio di storie di cui la MGM possiede i diritti. Gli ci è voluto del tempo per trovare qualcosa di interessante, ma prima di andarsene (e prima di perdere i favori di Schary) aveva già scritto una sceneggiatura dal toccante racconto breve di Stefan Zweig Segreto Ardente.

Dopo aver lavorato per Look come fotografo, Kubrick si è dato al cinema, realizzando due cortometraggi per la RKO, prima di passare ai lungometraggi con due chiacchierati film di cui ora lui preferirebbe non parlare - Fear and Desire e Il Bacio dell'Assassino. All'uscita dei film invece la critica ne ha parlato, e molto, intravvedendo quelle potenzialità che, è opinione condivisa, sono state sviluppate nei due film successivi. I soldi per i primi due film Kubrick li ha avuti da amici e parenti. Senza questo importante sostegno, che all'epoca dev'essere sembrato una sorta di atto di fede, Kubrick non avrebbe mai potuto trovarsi dove si trova ora. E' dura calcolare quanti aspiranti registi non abbiano mai risolto il problema di come raccogliere quei primi 50.000 dollari.

Quando poi fu il momento di Orizzonti di Gloria la United Artists era l'unica organizzazione finanziaria che fosse disposta a metterci mano, e solo dopo che Kirk Douglas aveva accettato il ruolo di protagonista. Secondo Kubrick, il probabile motivo dell'esitazione delle major era la paura di perdere gli interessi in Francia (frutto dei diritti cinematografici, ecc). Ma la United Artists non aveva alcun impegno in quel senso e, aggiunge Kubrick, forse aveva anche un'immagine più realistica del mercato mondiale. Per quanto ha avuto modo di vedere, la United Artists ha fatto un buon lavoro soprattutto con le sceneggiature che di solito vanno incontro all'apatia generale o, come in questo caso, ad una sorta di opposizione.

Gli ultimi due film di Kubrick hanno ottenuto una buona attenzione da parte della critica, con giudizi favorevoli nella quasi totalità dei casi. Rapina a Mano Armata è ben realizzato, tranne per il fatto che la sceneggiatura esagera nel cercare di fornire delle motivazioni a tutti i personaggi principali; il che da solo basterebbe a distinguere questo film dalle storie di sicari un tanto al chilo, se non avesse già stile e impatto considerevoli; il film regge bene anche rivedendolo oggi.

Orizzonti di Gloria è quasi sotto ogni punto di vista un lavoro di importanza maggiore, non solo perché è costato quasi tre volte di più. E' davvero un film che dice qualcosa - basta pensare che questa racconto di un episodio di defezione nell'esercito francese durante la Prima Guerra Mondiale non è ancora uscita nelle sale francesi.

Probabilmente anche il prossimo film di Kubrick sarà una storia di guerra. Il titolo attuale è The German Lieutenant, l'autore è nuovo, Richard Adams, un ex paracadutista della guerra di Corea che di recente ha partecipato al programma Fulbright, recandosi in Europa per studiare con Carl Dreyer. La storia si basa in parte sulle sue esperienze, ma l'ambientazione è stata cambiata in quella della Germania del secondo conflitto mondiale.

A questo punto della nostra conversazione ho chiesto a Kubrick il motivo di un altro film di guerra: non c'era nulla di interessante nella scena contemporanea? La sua risposta è fondamentale, e devo riportarla per esteso.

"Per cominciare, uno degli elementi che attraggono in una storia gialla o di guerra è l'opportunità quasi unica di mettere un individuo della società contemporanea di fronte ad una solida cornice di valori accettati, di cui il pubblico prende piena coscienza e che fa da contrappunto ad una situazione umana, individuale, legata all'emotività. Inoltre, la guerra è come una serra in cui far crescere velocemente e forzatamente attitudini e sentimenti. Le attitudini si cristallizzano e affiorano in superficie. Il contrasto in questo scenario è un fatto naturale, mentre in una situazione meno critica dovrebbe essere costruito ad arte e apparirebbe quindi forzato, o peggio falso. Eisenstein, nei suoi scritti sulla teoria della struttura drammatica, spesso si macchia di eccessiva semplificazione. I contrasti nero/bianco di Alexander Nevsky non calzano in tutte le storie. Ma la guerra permette proprio questo semplice tipo di contrasto - e di spettacolo. All'interno di questi contrasti si possono iniziare ad applicare alcune delle possibilità offerte dal film, proprio del tipo esaminato da Eisenstein."

Kubrick però aggiunge, quasi rassegnato, che spera un giorno di potersi occupare di un semplice ambiente contemporaneo. Fino ad un certo punto potrebbe farlo con Lolita, naturalmente, ma in realtà il suo interesse principale è seguire lo sviluppo del personaggio di Humbert e le varie espressioni del suo amore per la ninfetta che culmina, abbastanza ironicamente, con quello che Kubrick considera un amore quasi altruistico per la Lolita ormai diciassettenne, inchiodata da una gravidanza, un marito e una vita piatta. Kubrick non ha intenzione di cambiare l'età dei protagonisti principali, né la natura dei loro rapporti, ma sostiene di aver adottato un approccio all'argomento che gli permette di considerare la storia come un film fattibile.

Kubrick ha un rapporto col proprio materiale più stretto di quello della quasi totalità dei registi attualmente a Hollywood. Finora, in ognuno dei suoi film è stato l'unico, o il principale, autore della sceneggiatura, (è suo il copione originale di Orizzonti di Gloria, Calder Willingham è arrivato solo alla seconda stesura) e quando non monta lui stesso la pellicola, funge almeno da supervisore al montaggio. Nel film Il Bacio dell'Assassino si è occupato della fotografia, oltre alla regia, ed era l'operatore di una delle macchine da presa durante la scena dell'attacco in Orizzonti di Gloria (quella che riprendeva con la lente Zoomar). Non c'è quindi da stupirsi se nei suoi film si percepisce chiaramente una sensazione di unità e accordo. Non è un risultato garantito anche accentrando tutto nelle mani di uno solo, perché questo potrebbe essere vittima dell'indecisione. Ma è certo un risultato che raramente si ottiene nei film realizzati da un team di persone. Per dirla con proverbio coniato di recente, un cammello è un mulo creato in team.

I film di Kubrick hanno un'atipica aria intellettuale, ma sembra più un derivato dello stile piuttosto che un ingrediente inserito intenzionalmente. Certamente Kubrick non ha intenzione di rendere i suoi film intellettuali, ossia film che espongano una chiara e precisa affermazione. "Non posso riassumere verbalmente in modo preciso il significato filosofico di un film, ad esempio, Orizzonti di Gloria. Il suo scopo è coinvolgere il pubblico in un'esperienza. I film hanno a che fare con le emozioni e riflettono la frammantarietà delle esperienze. Quindi è fuorviante cercare di riassumerne verbalmente il significato." Tuttavia è proprio quel suo stile molto evidente, pur lodato da una banda di critici cinematografici patiti dell'estetica, che per alcuni commentatori (me escluso) impedisce il coinvolgimento con personaggi e situazioni descritti da Kubrick.

Kubrick ha già dato ampia prova della sua forte padronanza della mise en scène e delle sfaccettature del personaggio che un attore può essere incoraggiato a fornire nelle pause tra una battuta di dialogo e l'altra. Se si guarda Orizzonti di Gloria una seconda volta, Kirk Douglas tradisce qualche forzatura, ma a parte questo il film è decisamente ben recitato, sceneggiato, fotografato, montato, e mostra un sapiente uso della colonna sonora, come nell'aspro, allarmante staccato di tamburi che accompagna le scene di battaglia. E' un peccato che Kubrick non abbia continuato a lavorare con Brando. La loro relazione probabilmente non sarebbe stata facile, ma forse avrebbe prodotto un risultato affascinante...

E' questo, quindi, il "margine di crescita" di Hollywood. Una storia differente da quella che racconterebbero Bergman, Ray, o Bresson, e forse non altrettanto incoraggiante. Ma Kubrick è americano e cerca di lavorare all'interno di Hollywood o tra le sue maglie. Se ci debba mai essere un cinema "americano", nato in questo paese, è un bene che siano Kubrick e gli altri signori che combattono per la libertà artistica a farlo.

The Hollywood war of independence, di Colin Young
Film Quarterly, vol.12 n.3, Primavera 1959
Traduzione dall'inglese per ArchivioKubrick di Carolina Gambino

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