Eyes Wide Shut
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Sydney Pollack
Il regista racconta la sua esperienza come attore sul set di Eyes Wide Shut

Solitamente regista, ha recitato in alcuni film, sia diretto da se stesso che da altri. In Eyes Wide Shut ha sostituito Harvey Keitel per interpretare Victor Ziegler.

Al mensile di cinema francese Premiere ha dichiarato nel Novembre 1999: "La ragione che mi porta a fare ciò per gli altri è di poterli osservare al lavoro: Altman, Kubrick, Allen. Credetemi, è istruttivo. Kubrick mi aveva detto che il mio ruolo in Eyes Wide Shut sarebbe stato concluso in due settimane: alla fine è durato un mese e mezzo, ma quale lezione!"

 
Cosa voleva Stanley
di Michael Henry

Quando ha sentito parlare per la prima volta di Eyes Wide Shut?
Ho sentito parlare per la prima volta del progetto nel 1990. Avevo avuto con Stanley un'amicizia telefonica durata trent'anni, che era iniziata quando stavo girando Corvo rosso non avrai il mio scalpo. Il mio problema era rappresentato dal fatto che una parte dei dialoghi del film era in inglese dell'epoca, quindi la traduzione richiedeva una cura particolare. John Calley, che all'epoca dirigeva la Warner Brothers ed era il migliore amico di Stanley, mi disse: "Parlane a Stanley." Io risposi: "Non lo conosco." Così egli mi mise in contatto telefonico con lui. Stanley mi aiutò a trovare le persone di cui avevo bisogno per fare la traduzione e il doppiaggio. A partire dal quell'episodio avemmo lunghe e numerose conversazioni telefoniche. Poi, verso il 1990, Stanley mi chiamò a proposito di un film sul quale aveva iniziato a lavorare e per il quale cercava degli sceneggiatori. Egli mi chiese i nomi che io reputavo più adatti allo scopo. Gliene diedi cinque, tra i quali Steve Kloves e Steven Zaillian, ma lui finì per utilizzare Frederic Raphael, un americano che viveva in Inghilterra. Nel 1993, quando iniziai Il Socio, Kubrick mi chiamava regolarmente: voleva sapere come si lavorava con Tom Cruise. Io insistetti molto in suo favore: "Non si tratta della solita star hollywoodiana egocentrica, ma di un ragazzo meravigliosamente curioso e dotato di molto talento." Dopo, andai da Tom e gli parlai di Kubrick. Ma Stanley era piuttosto riluttante all'idea di avere un primo contatto per telefono. Voleva piuttosto contattare Tom via fax. Quindi gli diedi il suo numero di fax. Mi sentivo estremamente coinvolto, anche se da lontano, principalmente a causa degli sceneggiatori e poi perché Tom finì per essere scritturato con Nicole [Kidman]. Restammo in contatto durante le riprese: Tom prese l'abitudine di chiamarmi e di raccontarmi del lavoro con Stanley, come d'altra parte Stanley mi chiamava per dirmi quanto fosse piacevole lavorare con Tom e Nicole.

A che punto della lavorazione Stanley le chiese di prendere parte al film?
Quando stavo lavorando a una produzione, andai in Inghilterra sul set del film. Stanley, Tom, Nicole ed io dovevamo cenare insieme. Il giorno stesso Stanley mi chiamò: "Ho una piccola crisi da risolvere. Possiamo rinviare di un giorno la nostra cena? Ho bisogno di parlarti più tardi in serata. In ogni caso ti chiamo quando torno a casa questa sera." Mi richiamò quella sera: aveva un problema di disponibilità con un attore [Harvey Keitel]. Voleva sapere se mi sarebbe interessato interpretare il suo ruolo. Risposi: "Sicuramente, ma quanto pensi che durerà il lavoro?" Fu lì che iniziarono i miei problemi. Egli disse: "Due settimane, promesso." Risposi: "D'accordo. Quando cominciamo?" "Il mese prossimo." Più tardi Stanley mi richiamò: "Se ti invio la sceneggiatura immediatamente, la puoi leggere entro questa sera?" Io avevo previsto di trascorrere il weekend a Parigi, pensai che l'avrei letta sul treno e che l'avrei rinviata arrivando all'albergo. La sceneggiatura arrivò la sera stessa e la trovai estremamente intrigante. Non era per la storia, ma era quello che si celava tra le righe che mi catturò immediatamente. Lo chiamai da Parigi e discutemmo della sceneggiatura per due ore. Dissi: "Non vado pazzo per il mio ruolo, che pure è molto importante nella storia, ma lo farò." Egli mi indicò una data, che però rinviò in quanto era in ritardo con la lavorazione. Finalmente fui convocato e feci le prove dei costumi molto rapidamente. La prima scena che mi riguardava era una nuova versione di quella con Harvey Keitel. Egli me la mostrò: Harvey era molto bravo. La facemmo piuttosto rapidamente. Pensai che tutto quello che si diceva su Stanley era senza fondamento. Tom e Nicole erano sorpresi. Dissero che portavo loro fortuna in quanto avevo lavorato solo per tre ore. Era la scena del ricevimento, il momento durante il quale arrivavano a casa mia, un piano sequenza girato con la steadicam. Mi sembrava tutto sommato un tempo ragionevole per quel tipo di ripresa. Poi iniziammo la scena del bagno. Inizio a pensare al tempo che ci sarebbe voluto e alla precisione con la quale lavorava Stanley. Per questa scena sarebbe stata necessaria una settimana. Dopo le riprese ritornai al mio lavoro per circa sei-sette settimane. Intanto il piano di lavoro veniva costantemente modificato e io iniziavo a preoccuparmi per il "mio" piano di lavoro, comunque mi tenevo libero per ogni evenienza. Quando tornai, le riprese per l'ultima scena che mi riguardava, quella nella sala del biliardo, richiesero tre settimane. Non finivano mai.

Fino a che punto Kubrick era fedele alla sceneggiatura?
In gran parte noi rielaboravamo lo script. Era il suo modo di lavorare. Ad essere onesti la cosa non mi metteva a mio agio. Avevo la sensazione che noi avessimo bisogno di un vero sceneggiatore. Ero disposto ad improvvisare, ma scrivere dei dialoghi e recitarli... A volte era facile, come la scena del bagno, ma la scena del biliardo presentava un altro tipo di difficoltà. Ho conservato tutti i cambiamenti della sceneggiatura che mi riguardavano, in quanto può risultare difficile farsi un idea di tutte le volte che una scena può essere riscritta. Ogni nuova versione aveva un diverso colore, e quando avevamo finito i colori ricominciavamo da capo.

In altri termini gli attori contribuivano in maniera determinante alla sceneggiatura.
Tom, Stanley ed io discutevamo un frammento di scena, poi Stanley diceva: "Questo non mi sembra giusto, prova così! Cosa ne diresti di fare in questo modo?" Poi si prendeva lo script e si facevano le variazioni, così noi avevamo le nostre nuove pagine. Stanley pretendeva un tipo di teatralità che mi risultava difficile. Non ero a mio agio con il genere di recitazione che lui auspicava. Cercavo di ricondurre il tutto a qualcosa che fosse più congeniale a me e Tom. Anche se allo stesso tempo non intendevo discutere quello che voleva Stanley: lui era Stanley Kubrick. Era necessario in ogni caso molto tempo, in quanto Stanley improvvisava sovente e aveva un gran bisogno di chiarezza: la ragazza dell'orgia, per esempio. Era la stessa che avevamo visto prima e che avremmo visto in seguito? Passammo ore a cercare di capire che cosa i personaggi sapevano o non sapevano, cosa si doveva dire e cosa era sottinteso. Cercai in tutti i modi di ridurre i miei dialoghi: "Stanley, questo sembra un maestoso effetto al rallentatore alla fine del film. Non so come recitarlo." E lui replicava: "Non preoccuparti, sei perfetto!" Era un grande manipolatore.

Quante riprese facevate?
Molte. E più ne facevamo più lui operava dei cambiamenti. Noi giravamo 15-20 riprese e lui diceva: "Non mi piace", indicando cosa secondo lui non andava. Ci pensava anche di notte. Avevo un telefono cellulare e lui sovente mi chiamava durante la cena. "Domani proviamo a fare così." Io avevo l'abitudine di arrivare sul set molto presto, prima che Stanley arrivasse. Quando arrivava andavamo insieme in ufficio e lui mi mostrava i risultati del suo lavoro notturno. Mentre discutevamo una scena, iniziava ad improvvisare. Lui recitava il ruolo di Tom, io il mio. Metà funzionava e metà non funzionava, era una metamorfosi costante. Paragonando una scena del film con una della sceneggiatura originale, potete vedere che mentre la scena è differente l'intenzione è la stessa.

Può dirci, per esempio nella scena del bagno, in che misura questo avveniva?
I cambiamenti riguardano le mie reazioni verso Tom, il modo in cui Tom reagisce vedendo la ragazza e la mia attitudine verso la ragazza. Originariamente io ero furioso nei confronti della ragazza, ma poi ho dovuto controllare questa mia furia. Stanley da parte sua lavorò molto per spiegare il comportamento che avrebbe tenuto un medico in questa occasione. Non le ha fatto una puntura, né le ha dato una compressa, ha solo continuato a ripetere "Mandy, Mandy" numerose volte. Dunque il problema era come gestire la situazione per fare in modo di trovare una soluzione.

Il dipinto della donna nuda sul muro del bagno suggerisce l'idea centrale della duplicità.
Stanley aveva un senso dell'immagine straordinario e ha sempre voluto che il quadro di sua moglie Christiane fosse in questa scena. Lo inquadrava costantemente.

Quali sono stati i cambiamenti nella scena del biliardo?
Molti cambiamenti nel comportamento degli interpreti. Io inizio in modo molto riservato, ma lui mi voleva più esagerato. Come avete notato, passo il tempo a prendere e posare il mio bicchiere. Oppure chiamo il personaggio di Tom a più riprese con il suo nome: "Bill, ascolta Bill..." Era molto manierato. Stanley lo voleva così, ma ebbe molto a lavorare sul mio personaggio per ottenere questo genere di risultato. Decise anche che io dovevo avere degli eccessi di volgarità, per esempio quando definisco Nightingale in maniera piuttosto volgare. Il mio personaggio era molto strano: poteva allo stesso tempo essere definito un miserabile ed avere una certa autorità.

Victor Ziegler è l'unico personaggio del film che non deriva dalla novella di Schnitzler. Kubrick ne ha mai discusso con voi?
No, la cosa si è definita in fase di avanzamento del film. Non avevo un'idea precisa sull'argomento, ho impostato il lavoro come voleva Stanley, passo per passo. Non sapevo nemmeno cosa facesse il personaggio di mestiere. Evidentemente egli vive in un'abitazione estremamente lussuosa ed appartiene al mondo dell'alta finanza. Ma non abbiamo mai discusso i dettagli. Non era necessario che io li conoscessi. La sola cosa che Stanley mi disse fu: "Prendi come esempio il tenente Colombo e pensa come è divertente vedere Peter Falk quando spiega le cose. Noi dobbiamo fare in questo modo." L'idea era che la spiegazione della sala del biliardo doveva essere molto divertente.

Frederic Raphael dice che il nome di Ziegler proviene dal suo ex-agente californiano.
Everett Ziegler era stato anche il mio agente. Un buon agente. Io non ho mai ne incontrato ne discusso con Frederic Raphael. Sul set siamo stati noi, o più precisamente Stanley, che abbiamo modellato il personaggio. Stanley scrisse la battuta di Ziegler: "Nick in questo momento è probabilmente a casa a fare l'amore con la signora Nightingale." Dovetti fargliela provare per capire cosa realmente voleva che facessi e poterlo così imitare. Così egli si mise a camminare in lungo e in largo per la sala del biliardo e a giocare con i bicchieri. Mi sembro molto esagerato, ma era esattamente cosa voleva che facessi.

Avete mai discusso del momento durante il quale, durante l'orgia, il personaggio mascherato sul mezzanino scambia uno sguardo con Tom Cruise? Si trattava di Victor Ziegler?
Non lo so. Ma penso che in un certo modo Ziegler fosse responsabile dell'orgia. Egli infatti è il più deciso a convincere Tom a stare tranquillo: "E' tutto finito. La ragazza non era importante..." Il personaggio di Tom possiede una sua genuinità, a suo modo è un po' innamorato della ragazza e pensa che essa possa in un certo modo salvarlo.

Kubrick era nervoso all'idea di mettere in scena l'orgia?
Gli fu necessario molto tempo per capire come fare. Infatti ritardava continuamente l'inizio della scena. Chiamò dei coreografi per impostare dei balli erotici, lavorando molto duro per trovare una soluzione. Mi fece vedere i giornalieri un mattino. Non voleva solamente delle persone che si stessero baciando, si dovette impegnare molto duramente per concludere.

Nel libro Eyes Wide Open, Raphael descrive Ziegler come un padre castratore. Pensava che ci fosse una relazione padre-figlio tra Bill e lui?
Ne ho solo letto alcuni estratti sul New Yorker. Ziegler era come una figura paterna. Tratta Bill come un figlio che ha fatto qualcosa di scorretto, ma allo stesso tempo non vuole essere troppo duro con lui. Io volevo essere molto duro con Bill, ma Stanley mi trattenne e disse: "Devi indurlo a fare quello che vuoi tu senza essere troppo rigido."

Stanley Kubrick le ha mai parlato del tema centrale del film?
Solo in termini molto generali. L'ossessione sessuale, per esempio. Non ha mai parlato in profondità del tema. C'era sempre la contrapposizione tra la morte e l'amore; il corpo del padre giacente mentre la figlia dice: "Ti amo, ti amo." In un certo modo ciò era già presente nell'opera di Kubrick. Per me, Eyes Wide Shut e Barry Lyndon sono le opere più dolci e romantiche di Kubrick. Le opinioni sono discordanti su questi film, ma quelli ai quali sono piaciuti sono probabilmente sensibili a una certa dicotomia. Quando uno come Kubrick fa un film appena romantico, vi è una tensione palpabile in quanto non si tratta del tipo di film che lui è solito fare. Ed è vero per Barry Lyndon che è il mio preferito.

Avete parlato di cinema sul set?
Abbiamo parlato di tante cose. Egli parlava di ogni regista vivente, come potete immaginare, specialmente gli americani. Abbiamo discusso per delle ore di Kieslovski. A Stanley piaceva come piaceva a me. Abbiamo avuto anche delle lunghe discussioni sulle pubblicità del Nescafè che si giravano a Londra in quel periodo: come poche parole potevano narrare una storia. Rifaceva il montaggio degli spot e me li mandava a casa su cassetta. Uno dei suoi film preferiti era La Bonne Année di Claude Lelouch, che è anche uno dei miei. Stanley ne era cosi impressionato che se ne procurò una copia e la fece vedere a Tom.

Stanley fece vedere il Decalogo a Frederic Raphael. Fece lo stesso con gli attori?
No, ma ne parlava molto. Facevamo commenti sull'impeccabile sceneggiatura del Decalogo. Di come Kieslovski partendo da idee religiose astratte, le aveva in seguito concretizzate ed aveva chiamato un avvocato per scrivere la sceneggiatura: un avvocato che Kieslovski aveva incontrato quando stava girando un documentario sulle purghe comuniste in Polonia. Stanley notò che gli avvocati dovevano per forza essere dei buoni sceneggiatori, in quanto, per vincere una causa dovevano argomentare ed illustrare le loro tesi. Questo rappresentava un eccellente esercizio di sceneggiatura.

Non le ha mai inviato dei libri che riguardassero Schnitzler o Vienna?
No, però ad esempio era veramente un fanatico di Hemingway. Sebbene Hemingway abbia giurato che non avrebbe mai scritto nulla sull'arte dello scrivere, qualcuno si mise in testa di riunire in un libro tutto quello che Hemingway aveva detto sull'argomento, Hemingway on Writing. Stanley mi regalò questo libro e passammo delle ore a discuterne. Mi diede molte cose, molti libri meravigliosi. Scriveva anche tonnellate di fax e io adoravo rispondergli. Stanley possedeva una curiosità insaziabile, si interessava a tutto. Sapeva che pilotavo il mio aereo. Nonostante l'idea di volare lo terrorizzasse, ne era affascinato e ci scambiammo numerosi fax sull'argomento.

Le è piaciuto passare tanto tempo sul set di un altro regista?
Preparavo la colazione per Stanley ogni giorno. Lui era molto impressionato dalla mia cucina, visto che tra l'altro il cibo cucinato dal ristoratore era pessimo. Stanley era un regista molto abile da un punto di vista economico. Riusciva a fare un anno e mezzo di lavoro allo stesso prezzo di cinque o sei mesi. Sul set non lavoravano mai più di sei o sette persone. E' chiaro che sovente le sue équipe si mettevano in sciopero, mai lui era abile a risolvere le controversie. Era un grande uomo d'affari. Ne io ne Tom potevamo sopportare il cibo fornito dal ristoratore e lui, mandava il suo autista da Harrod's a comperare del pesce o un pollo che io preparavo; durante la scena del biliardo Stanley chiese: "Quanto ci vuole prima che il pollo sia cotto? Perché non facciamo una pausa?" Io guardavo il mio orologio e dicevo: "Ancora una ripresa e sarà pronto." E mangiavamo nella roulotte di Tom! Stanley era uno che amava prendere in giro, mentre ti guardava al di sopra dei suoi occhiali con una luce diabolica nello sguardo. Mi diceva: "Dovresti fare uno spettacolo sulla cucina, visto che quando ne parli ti animi e diventi un'altra persona." Mi sono divertito un mondo.

A che punto controllava la fotografia e l'illuminazione?
Controllava tutto. Era molto preciso sull'illuminazione e sull'inquadratura. Illuminava tutto con luci molto dolci e mandava la pellicola allo sviluppo. Aveva un occhio straordinario per la luce. C'era poca luce nella sala del biliardo e doveva ricorrere a notevoli accorgimenti tecnici per risolvere il problema. Per esempio, appese una lampada ad un asta per illuminare il viso di Tom. Un giorno tornando da colazione disse: "Larry, qualcuno ha cambiato l'illuminazione?" Il tecnico rispose: "No Stanley." Allora lui insistette: "Devono averlo fatto per forza, visto che qui è un po' troppo buio." Quindi andò verso gli elettricisti e disse: "Verificate i variatori d'intensità, sono ben piazzati?" Tutti risposero in modo affermativo. Allora lui disse: "Prendete gli esposimetri e controllate in questa direzione." Era vero, seppure in maniera impercettibile era più scuro e lui l'aveva notato. Faceva impazzire gli operatori, li pietrificava. Ma adorava Liz Ziegler, l'operatrice alla steadicam. Lei era sorprendente: a volte doveva ricomporre l'inquadratura se io non rispettavo la posizione. Lei si fermava e ricomponeva tutto a occhio. Stanley era generalmente d'accordo con le sue opinioni. Aveva fiducia nel suo lavoro, ma anche per lei, dopo la sesta ripresa, diventava molto faticoso.

Per quanto tempo giravate?
Molto. A volte filmava le riprese con una telecamera video, poi ci faceva vedere il lavoro. Metteva la riproduzione in pausa e ci diceva cosa era bene non fare. Per esempio, una volta io dicevo che Tom mi aveva messo a posto una spalla e facevo una strana espressione con le labbra. Stanley disse: "E' formidabile, ma non lo devi fare."

Tutte le inquadrature era disegnate in precedenza?
No, lui prendeva il più vecchio puntatore che io avessi mai visto, quello posizionato su una telecamera Mitchell BMC davanti l'obiettivo. Preparava ogni inquadratura con questo puntatore, ci faceva muovere all'interno dell'inquadratura e faceva mettere un segnale dove ci trovavamo. Poi guardava nella telecamera e in seguito le registrazioni. Aveva trovato un modo di attaccare una piccola telecamera video al monitor, allo scopo di poter vedere le immagini a colori e non solo in bianco e nero. Un ragazzo faceva solo questo, azionare questa piccola telecamera. Questo permetteva a Stanley di concentrarsi sulle temperature e sulle combinazioni di colore.

Come si regolava per il lavoro della seconda équipe, quella che lavorava a New York?
Aveva mandato a New York un eccellente assistente scenografa. Liz Ziegler fece una serie di riprese. Avevano parecchie istruzioni al riguardo. Tutto era concepito, provato e girato in Inghilterra, poi lui correggeva e diceva loro cosa fare. Era solo in seguito che si recavano a New York. Aveva realizzato delle riproduzioni molto dettagliate delle strade di New York, con dei lampioni della grandezza di uno spillo. Poi le rischiarava e prendeva foto da tutte le angolature possibili, le sviluppava e le studiava.

Qualche volta perdeva la calma?
Sì, ma raramente. Io mi sono arrabbiato una volta e Tom anche. Lui abbandonò il set ed io quasi lo feci, ma non ne avevamo realmente l'intenzione. Era solo l'esasperazione. Stanley poteva essere molto impaziente con i tecnici. Se pensava che qualcuno aveva mosso un microfono, anche di poco, diceva all'ingegnere del suono: "Non cambi il suono?" "No, Stanley." "Il suono deve essere lo stesso dell'ultima ripresa?" "Sì, Stanley." "Allora perché hai mosso il microfono?" "Perché faceva ombra." "Allora io cambio l'illuminazione ma tu non cambi nulla. Non voglio che il suono sia differente quando gira la testa." Era sempre molto meticoloso. E barava in modo incredibile. Faceva sparire una lampada o un telefono, anche nella scena della vasca da bagno. Era incredibile. Io lo guardavo e brontolavo, lui rispondeva che nessuno se ne rendeva conto. Toglieva delle sedie dall'arredamento dicendo: "Nell'insieme sono orribili."

Il colore rosso gioca un ruolo subliminale ma cruciale durante tutto il film. Ne avete per caso discusso insieme?
Lui non ne parlava mai, ma era con tutta evidenza ossessionato dal colore rosso. Era sposato ad una pittrice ed aveva l'occhio di un pittore. Era anche un grande fotografo. L'ultimo giorno di riprese, mi regalò una fotocamera Nikon con una dotazione di accessori molto costosa ed una pellicola da 1000 ASA. Mi scrisse anche una lunga lettera, molto personale: "Non utilizzare mai il flash; questa è la sola pellicola della quale tu avrai bisogno, in qualsiasi circostanza. Qualsiasi cosa succeda, non utilizzare mai il flash. Ti puoi spingere fino a due diaframmi di apertura." Amava la sgranatura che si otteneva con la pellicola da 1000 ASA professionale. Un tempo io scattavo molte fotografie. Quando Stanley mi regalò la macchina fotografica, ricominciai utilizzando questa pellicola super-rapida. Fu la prima volta nella mia vita che vidi una foto nella quale la luce era più brillante che nella realtà. In genere succedeva il contrario, ma Stanley amava molto queste tonalità di colore, queste luci brillantissime.

Dopo avere recitato nel suo film, ha ancora incontrato Kubrick?
No. Ci siamo solo parlati al telefono. Durante la lavorazione di Destini Incrociati, abbiamo parlato parecchio. Era molto interessato dal fatto che il film parlasse di tradimento, un tema che lo affascinava. Parlava molto anche del montaggio di Eyes Wide Shut, di quello che funzionava e dell'opinione positiva che aveva di Tom e Nicole. Si complimentava sovente e parlavamo dei possibili soggetti per un film. Lo avevo interessato parecchio ad un vecchio romanzo di Boileau-Narcejac che avevo scoperto negli anni sessanta, Morceaux choisis. Parla di un prigioniero che viene giustiziato. Una sua amica, con l'aiuto di un chirurgo, gli taglia le varie parti del corpo e le trapiante su altre persone. In seguito, la donna, uccide tutte le persone che hanno ricevuto i pezzi del suo amico e lo ricostruisce. Stanley mi chiese di inviargli il libro, visto che si lamentava della difficoltà di trovare del buon materiale. Voleva convincermi ad usare dei pessimi romanzi, in quanto sono il miglior punto di partenza. Pensava che i buoni scrittori non sono abbastanza concentrati sulla narrazione. E' vero. Io mi sono scontrato con questo problema per tutta la vita. Amo lavorare con dei buoni scrittori, ma è difficile trovare delle buone storie. Uno dei miei maggiori successi, I Tre Giorni del Condor, proveniva da un romanzo mediocre che però aveva un inizio magnifico. Discutevamo sovente del mio desiderio di fare un film su Hollywood, qualcosa di duro, cattivo, un noir reale, qualcosa che scriverebbe Mankiewicz se fosse ancora in vita. Stanley mi diceva: "Leggi Jackie Collins, leggi questo romanzo e ne puoi trarre qualcosa di buono. E' molto più difficile lavorare partendo dalla vera letteratura."

Vi sono delle voci secondo le quali lei avrebbe contribuito alla versione finale di Eyes Wide Shut.
Non lo avrei mai toccato, nemmeno con una pertica lunga parecchi metri. Tom e io abbiamo molto discusso con la produzione e loro hanno discusso parecchio con noi. Ma era tutto nelle mani del fratello di Christiane, Jan Harlan, del quale Stanley aveva la massima fiducia.

Stanley approvava le alterazioni digitali nella scena dell'orgia, fatte allo scopo di evitare l'infamante divieto NC-17 negli Stati Uniti?
Jan Harlan afferma di sì. Se lui fosse stato solo un produttore, senza alcun legame con la famiglia, non gli crederei. Ma Jan non mentirebbe mai a questo proposito. So che questo problema creava molti problemi a Stanley, che non voleva alterare il film. John Calley trascorreva molto tempo al telefono con lui: "Stanley, prepara una versione per il visto R e fai uscire la versione NC-17 come una director's cut." Stanley voleva che il film fosse un successo. Sapeva che il divieto NC-17 avrebbe precluso la possibilità di proiettare il film in diverse sale e di ottenere recensioni da numerosi giornali. Non si sarebbe nemmeno potuto fare pubblicità in televisione. Non lo so, ma se Jan Harlan dice che Stanley avrebbe approvato, merita di essere creduto.

Qual è stata la vostra reazione a film finito?
L'ho visto alla prima, ma è stata una visione troppo difficile. Ho avuto modo di vederlo la settimana successiva a casa, con maggiore calma. Onestamente non riuscivo ad abituarmi all'idea di recitare, in quanto non lo faccio molto sovente. Ho avvertito una certa esagerazione, una certa artificiosità, anche se ero molto cosciente del fatto che era quello che voleva Stanley. Lui ha guidato l'interpretazione verso un risultato di quel tipo, con quei gesti teatrali, quelle pause. In effetti, sono stato male a vedere il mio personaggio muoversi in quella maniera, pensavo che non fosse credibile.

Vi sono molteplici livelli di realtà nel film.
Si va dalla commedia, come la scena con i giapponesi e la ragazza, ad altri istanti con Nicole che sono veri la 100%, alla teatralità del mio personaggio, che sembra un "deus ex machina".

Il suo personaggio non le sembra un burattinaio, uno che muove i fili?
In un certo senso penso che lui sia il burattinaio. Ho parlato a Stanley dopo la prima, e lui era molto contento del film. Era martedì. E' morto la notte di domenica.

Conversazione raccolta a Los Angeles il 23 luglio 1999, e tradotta dall'americano da Christian Viviani.

Positif, numero 463, Settembre 1999
Traduzione dal francese di Rufus McCoy
Sydney Pollack
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