Testimonianze
Home > Testimonianze > Persone: Emilio D'Alessandro
Emilio D'Alessandro
(1941)

Nel 1960 il giovane Emilio D'Alessandro lascia l'Italia per sfuggire al servizio militare e si ritrova a Londra a fare l'autista per un certo Mr. Kubrick. Rimarrà trent'anni accanto al grande regista, diventandone via via il segretario, il confidente, l'amico più fidato.

 
Io lo conoscevo bene
di Pietro Calderoni

Da Cassino a Londra: una vita passata alla corte di Stanley Kubrick.

Emilio e Stanley Chi ha visto Eyes Wide Shut forse se lo ricorderà: è il giornalaio che vende un quotidiano a Tom Cruise. Una piccola comparsata, certo. Eppure dietro quell'apparizione nell'ultimo film di Stanley Kubrick si nasconde la storia di una lunga, e poco nota, amicizia. Quel "giornalaio", infatti, si chiama Emilio D'Alessandro, è nato a Cassino 59 anni fa, ma ha passato trent'anni della sua vita al fianco del grande regista (scomparso domenica 7 marzo 1999) prima come autista, poi come assistente, infine come segretario tuttofare, confidente e amico... Ora D'Alessandro è tornato a vivere a Cassino, in una graziosa villetta a due piani, immersa nella campagna. Alle pareti della cucina alcune foto incorniciate che lo ritraggono con la famiglia Kubrick nel giardino della casa di St. Albans, vicino Londra. Sul frigorifero, un'immagine di Nicole Kidman sul set, e quella dell'ultima Rolls-Royce guidata per conto di Kubrick. La moglie inglese di D'Alessandro, Janette, ci offre tè e pasticcini, mentre lui apre un grande album di fotografie, lo sfoglia, e comincia il suo racconto...

"Era il 1960, avevo 19 anni, stavo qui a Cassino, e avevo una gran paura di andare a fare il militare: le marce, le armi... Ho preferito scappare in Inghilterra con degli amici. Dopo qualche tempo, a Londra, la polizia ci rintracciò e ci disse: Se andate in Italia finite in galera, se restate qui vi devete trovare un lavoro... Non c'era molto da scegliere." Nel 1962 si sposa con Janette, e anche il lavoro va bene. Siccome ha sempre avuto la passione per le auto (ha partecipato anche a delle corse) viene assunto come autista di taxi per conto di una piccola società.

"Un bel giorno," ricorda, "era il 1970, a Londra aveva nevicato e c'era ghiaccio dappertutto. Mi dissero che avrei dovuto trasportare un enorme oggetto da una parte all'altra della città. Sono andato in un capannone e, con grande stupore, scoprii che si trattava di un enorme fallo che poi ho consegnato sul set del film Arancia Meccanica. Quella è stata la prima volta che ho lavorato, senza saperlo, per la società di mister Kubrick. Qualche tempo dopo sono stato convocato ad Abbots Mead, la casa di allora di Stanley Kubrick, a Elstree Herts, una zona fuori Londra, dove c'erano degli studi cinematografici. Kubrick teneva in mano un ritaglio di giornale dove si parlava dei miei trascorsi di pilota, e mi chiese se volevo lavorare solo per lui. Avrei dovuto guidare la sua macchina, una bellissima Mercedes bianca. Auto così ne avevo viste solo al cinema e rimasi impressionato tanto era lussuosa. Ho notato, però, che non era decapottabile, e gli ho chiesto il perché. Mi rispose che aveva un incubo ricorrente: avere un incidente, con la macchina che si ribaltava e lui che moriva per colpa della mancanza della capote!"

Quel primo incontro con Kubrick lascia in Emilio una impressione indelebile, che ancora oggi non si è sbiadita: quella di un uomo calmo, che non strillava mai ("Se ti doveva dire una cosa, non te la diceva mai a caldo, faceva passare qualche giorno, poi tornava sull'argomento e ti faceva notare come la pensava lui"), ma anche di un uomo solitario, insicuro, pieno di paure, soprattutto nei rapporti con le persone. Ecco un altro episodio: "Nel 1975 iniziarono i sopralluoghi per Barry Lyndon e io cominciai a girare con Stanley. Ci siamo conosciuti meglio. Io gli piacevo perché ero tranquillo come lui, non bevevo, non andavo a donne, del resto, ero felicemente sposato con Janette... Mi incaricò di stare con gli attori, portarli in giro, riceverli all'aeroporto, fargli vedere dove abitavano. Io ero il primo che li incontrava. Kubrick sempre insicuro e sospettoso mi chiese di fare delle domande per scoprire cosa pensavano veramente di lui, che commenti facevano." D'Alessandro fa una pausa, beve un sorso di tè poi aggiunge con un sorriso carico di malizia: "Sia Ryan O'Neal che Marisa Berenson erano terrorizzati! Lei, in macchina, mi disse che lui aveva una fama di regista burbero con gli attori, io la tranquillizzai. Per strada ci siamo fermati a mangiare in un bugigattolo per camionisti. Appena entrati c'è stato un fischio d'ammirazione. Non ci abbiamo fatto caso. Ci siamo mangiati degli ottimi panini col formaggio e poi siamo usciti. Un altro fischio ci ha salutato. Quando siamo arrivati sul set, Kubrick mi è venuto incontro timoroso che la Berenson avesse fame; io gli dissi che avevamo già mangiato. Rimase sorpreso: ma come, disse, con tutti i soldi che mi fanno spendere, questa poi si mangia pane e formaggio con te! Ma era soddisfatto di quella mia iniziativa."

D'Alessandro ormai non è più solo l'autista di Kubrick, ma anche il suo assistente. L'unico che può entrare nel suo studio ("Non dovevano mai mancare penna, inchiostro e bloc-notes"), che deve provvedere a tutto in casa ("Stanley mangiava solo carne, io dovevo comprare due bistecche al giorno: una per lui e una per il suo cane. Poi quando si è sparsa la voce di non so quale morbo, si è messo a mangiare solo salmone!"), e badare ai suoi adorati animali, cani e gatti soprattutto: "Se uno dei suoi cani stava male, io andavo a chiamare il veterinario che doveva dormire a casa Kubrick finché l'animale non migliorava... Mentre il suo gatto prefirito dormiva in una stanzetta climatizzata, e io ogni mattina gli dovevo portare acqua Evian ed erba fresca da mangiare."

Foto di gruppo con Emilio

Una foto di gruppo nel giardino della villa a St. Albans: da sinistra Christiane, Ian Harlan, Stanley, Emilio e Andros Epaminondas, più due degli amati cani. 1994

Quando Kubrick non stava in casa, Emilio aveva il compito di lasciargli scritto su un foglio, in busta chiusa, le cose e gli appuntamenti da fare, altrimenti passava le giornate praticando il suo hobby preferito: gli scacchi. Partite accanite, dove non voleva assolutamente perdere. "Se aveva dei dubbi si attaccava al telefono con qualche amico esperto e gli chiedeva la mossa migliore da fare." Un'altra passione di Kubrick ("una vera e propria mania", secondo D'Alessandro) era quella di vedersi tutti i film in uscita: "Ogni settimana si vedeva 3 o 4 film che gli proiettavamo io o il suo assistente greco Andros Epaminondas. Gli piacevano molto i film di guerra, per questo credo che, in fondo, il suo film preferito fosse Orizzonti di Gloria con Kirk Douglas. Mi ricordo che c'era un film che gli piaceva tanto dove Dean Martin cantava la famosa canzone That's amore!, e a un certo punto recitava la battuta: "Pasta e fasuli". Kubrick mi ha chiesto che battuta fosse, e quando gli ho detto che era un cibo italiano mi ha chiesto subito di cucinarglielo. Ma allora si è accorto che cucinare la pasta era facile e non finiva mai di volerla. Il suo piatto prefirito era la pasta alla bolognese, con le salsicce!"

Kubrick usciva poco di casa e quando lo faceva era per andare a sentire dei concerti alla Royal Albert Hall, o sua figlia Vivian che faceva la concertista. "A lui, invece, piaceva suonare la batteria, in casa, o da solo con altri amici. Ha provato anche la batteria elettrica, quella che si suona premendo i tasti, ma una volta mi disse ridendo che preferiva battere le stecche che premere un pulsante. L'ultima batteria gliel'ha regalata la figlia, Vivian, purtroppo non ha fatto in tempo ad usarla..."

Kubrick non ha mai frequentato molte persone, non ha mai avuto molti amici. Una delle occasioni per incontrarli era la festa nazionale del 5 novembre, Guy Fawkes; quel giorno a St. Albans organizzano dei bellissimi fuochi d'artificio. "Stanley sentiva spessissimo poche persone: Jack Nicholson e Ryan O'Neal, con la figlia Tatum che giocava con le figlie di Kubrick. Quando ha girato 2001: Odissea nello Spazio, frequentava spesso George C. Scott e Peter Sellers. Poi gli piacevano molto Ennio Morricone e Nino Rota. A quel tempo si faceva vedere spesso George Lucas, con cui è diventato amico, e poi c'era Steven Spielberg. Ultimamente Tom Cruise... Ripeto, se doveva mantenere un qualche tipo di rapporto, lo faceva per telefono. Con Federico Fellini, per esempio, si sentiva spesso spesso, ma non parlando una parola d'italiano ero io che facevo da interprete. Kubrick era curioso. Così mi chiedeva di domandare a Fellini come aveva girato quella tal scena, poi voleva sapere come mai Nino Rota aveva scelto proprio quella musica, e Fellini mi rispondeva. Si scambiavano idee sui film italiani... Un altro regista che "spiava" era Spielberg. I due si sentivano spessissimo. E ogni tanto, con la scusa di consegnargli un bigliettino di saluti, Kubrick mi mandava sul set di Jurassic Park dove Spielberg stava girando. In realtà, mi chiedeva di spiare come girava o se Spielberg aveva seguito i consigli che lui gli aveva dato telefonicamente."

Nel 1980 Stanley Kubrick è indaffaratissimo con Jack Nicholson e Shelley Duvall nelle riprese di Shining, così prega Emilio e Janette di scorrazzare i suoi genitori, invitati in quel periodo a Londra: "Credo che siamo riusciti nell'impresa: i genitori, infatti, sono andati da Fortnum & Mason e ci hanno regalato un gigantesco pacco pieno di dolci e prelibatezze di ogni genere. Kubrick è stato felicissimo. Mia moglie Janette era diventata una specie di assistente personale di Christiane, la moglie di Kubrick. Sotto le feste di Natale uscivano insieme a comprare regali per tutti e poi, a casa, facevano insieme i pacchetti. Janette gli faceva anche da sarta. Quando invece i Kubrick avevano bisogno di qualcosa di più speciale, un vestito per lei, un abito per lui, si rivolgevano allora a Willie Rothary, uno dei costumisti di Barry Lyndon, che lavorava vicino al castello di Windsor e cuciva anche per i reali. Stanley era così, cercava sempre di usare gli amici o collaboratori di lavoro."

Il rapporto tra Emilio e Kubrick si fa sempre più intenso, indissolubile, tanto che Kubrick, in segno di riconoscenza e stima, mette il nome di D'Alessandro come assistente alla produzione nei titoli di coda dei suoi ultimi tre film: Shining, Full Metal Jacket e Eyes Wide Shut. Nel 1974 Janette viene ricoverata in ospedale, e D'Alessandro essendo occupatissimo con Kubrick che sta preparando Barry Lyndon non sa come sistemare i figli piccoli. "Kubrick mi ha detto di non preoccuparmi: 'Porta i bambini a casa nostra, ci pensiamo io e Christiane.' Sono stati per un mese a casa Kubrick! In occasione della prima comunione di nostra figlia Marisa, Stanley, con tutta la famiglia, è venuto a casa nostra per festeggiare. E agli amici, quelli veri, non teneva segreto nulla, neppure del suo lavoro. Una volta, per esempio, mi ha detto di portare tutta la famiglia sul set di Shining per assistere alle riprese della scena del ragazzo inseguito nel labirinto da Nicholson con l'accetta. 'Vi divertirete', mi assicurò."

Anche nei ricordi di Emilio D'Alessandro, Kubrick appare come un perfezionista sul lavoro. "Giunto verso la fine delle riprese di Barry Lyndon", ricorda Emilio, "Kubrick mi ha detto che aveva qualche problema con la musica fino ad allora composta." Così chiamò Ennio Morricone. "Morricone era un altro che aveva timore di Kubrick, nel solito viaggio in macchina dall'aeroporto a casa mi ha domandato se era burbero: io l'ho tranquillizzato, ma lui mi ha chiesto di rimanergli accanto per tutto il tempo del colloquio. Terminato Barry Lyndon, Kubrick ha ricominciato a pensare a un suo vecchio progetto, un film su Napoleone, sostenendo che i vestiti di Barry Lyndon potevano benissimo essere usati per Napoleone."

Emilio e Christiane

Nel 1978 i Kubrick lasciano la casa di Elstree Herts, e si trasferiscono a St. Albans ("Mi ricordo che per arredare il suo nuovo salotto mi ha chiesto di prendere dal set l'immenso tavolo usato in Shining"); i D'Alessandro abitavano lì vicino, a Edgware, non più di due chilometri: "E' stato a quel punto che Kubrick mi ha chiesto di andare a vivere con la mia famiglia dentro la sua residenza: avremmo potuto scegliere uno dei cottage o, se avessimo preferito, proprio in casa con lui. Ma ho rifiutato. Se già così passavo 20 ore al giorno con lui, gli ho detto, figurarsi se fossi vissuto in casa sua... Si fidava solo di me. Avevo le chiavi dei suoi due studi personali: non ce l'avevano né la moglie, né quelli della sicurezza. Non c'era servitù. C'eravamo solo io e lui."

Nel 1990, dopo quasi trent'anni passati insieme, D'Alessandro comunica a Kubrick che nel giro di quattro anni lascerà Londra per tornare definitivamente in Italia, a Cassino. "L'ho consigliato di cercarsi un'altra persona, ma lui niente. Solo quando ho venduto la casa è venuto da me e mi ha detto: allora è vero... Poi con una serie di scuse, e dopo averci affittato una casa, ci ha costretto a rimanere un anno in più. Finalmente nel '94 siamo partiti. Per la festa d'addio invitò tutti i suoi amici più cari e i miei. Ci siamo fatti un sacco di foto. E' stato tutto molto bello e molto commovente. Ha pianto, e anch'io. Gli ho detto che volevo tornare a Cassino, nella mia terra, che volevo tornare a lavorare con il trattore... Mi ha guardato per un momento poi serio mi ha chiesto: non ci puoi mettere un telefono sul trattore, così ti chiamo?"

Ma non è finita. "Nel 1996 io e Janette siamo andati a Londra a trovare i nostri figli rimasti a vivere lì. Kubrick ci ha invitati a cena e mi ha detto: mi serve aiuto per 6 settimane. Mi ha parlato di Eyes Wide Shut, degli attori, della storia. Solo 6 settimane, ha piagnucolato. Ho accettato. Sono rimasto lì altri due anni, fino a quel maledetto marzo del 1999. La mattina di sabato 6 marzo, Stanley mi ha telefonato a casa per sapere se l'indomani, domenica, sarei passato comunque da casa sua. Il giorno dopo, infatti, ho sbrigato un po' di corrispondenza poi, senza svegliarlo, verso le dieci gli ho lasciato la solita nota scritta sotto la porta, avvisandolo che non c'erano novità dagli Stati Uniti e che poteva riposare fino a tardi. Alle quattro del pomeriggio ha squillato il mio telefono di casa. Era Jan Harlan. Mi ha detto: 'Emilio, Stanley è morto.'"

Ciak, Luglio 2000

Emilio D'Alessandro
Argomenti correlati
. Intervista a Riccardo Aragno: l'amico italiano di Stanley Kubrick, traduttore dei dialoghi dei film.
. Intervista a Mario Maldesi: l'altro italiano alla corte di Kubrick; il direttore del doppiaggio parla del lavoro con il regista in esclusiva per ArchivioKubrick.
 
Caleidoscopio
Home > Testimonianze > Persone: Emilio D'Alessandro