Testimonianze
Home > Testimonianze > Persone: Michel Ciment
Michel Ciment
(-)

Critico cinematografico francese, redattore della prestigiosa rivista Positif e docente universitario. Le capacità critiche e la grande erudizione di Michel Ciment hanno reso il suo libro uno dei più bei volumi critici scritti sul cinema di Stanley Kubrick. La parte biografica è di questo volume è stata scritta con l'autorizzazione del regista, che conosceva il critico dagli anni '70. Sono infatti di Michel Ciment le interviste più importanti che Kubrick ha rilasciato dopo Arancia Meccanica, Barry Lyndon, Shining e Full Metal Jacket. Per Positif, Ciment ha curato personalmente i numeri speciali dedicati a Kubrick ed è stato anche il curatore del volume pubblicato dalla Biennale di Venezia in occasione della consegna a Kubrick del Leone d'Oro alla Carriera, nel 1997.

 
Aveva un lato faustiano
di Jerome Garcin

Quando ha incontrato Stanley Kubrick per la prima volta?
Ho avuto il primo contatto con Kubrick trent'anni or sono, all'epoca dell'uscita di 2001: Odissea nello Spazio. Avevo redatto, sulla sua opera, uno studio generale su Positif. Poi avevo avuto un appuntamento telefonico con lui. Io lo intervistavo sui suoi film, lui mi faceva domande su Napoleone, voleva conoscere il punto di vista degli storici francesi. Il problema con Kubrick è sempre stato di non permettergli di intervistarti, di non lasciarsi sopraffare... Ma il nostro vero incontro ebbe luogo prima dell'uscita di Arancia Meccanica, in un ristorante vicino agli Studio. Abbiamo parlato per circa due ore, poi ci siamo incontrati per ogni nuovo film. Ogni tanto mi chiamava per conoscere le novità che avevo visto a Cannes, Berlino o Venezia. Mi chiedeva se ero andato in Giappone o in Russia. Era un falso eremita: viveva in contatto con gli altri grazie al telefono, al fax, alle videocassette. Si teneva al corrente di tutto. Seguiva anche la borsa di Hong Kong. Non ho dubbi che si interessasse all'affare Monica Lewinsky...

Quando l'ha visto per l'ultima volta?
E' stato per l'uscita di Full Metal Jacket, a Londra, in compagnia di Michael Herr, autore della sceneggiatura ma anche di un grande libro, Dispacci. Michael Herr aveva fatto la guerra del Vietnam e Kubrick aveva utilizzato le sue esperienze per il film. Ho incontrato Kubrick il giorno dopo a casa sua. Mia aveva invitato a colazione. Mi ricordo che aveva ordinato "pollo all'aglio" da Marks & Spencer. Rilasciava poche interviste semplicemente perché non amava analizzare i suoi film. Parlava molto bene, ma detestava stereotipare il contenuto di un film un poche parole. Giudicava il linguaggio inadatto ad esprimere veramente quello che aveva in testa. In realtà, era un uomo essenzialmente visuale.

Viene descritto volentieri come un paranoico, pazzo di solitudine, quasi un malato. Che tipo di uomo era veramente?
Non avrebbe potuto fare film se fosse stato malato. In più, aveva una percezione elevatissima della sofferenza umana. Voleva proteggersi dalla gente e dalla sua curiosità malsana. Non si dava in pasto alla società mediatica. Temeva che parlando di lui, non ci si concentrasse sulla sua opera. Se Kubrick era pazzo, lo era per il lavoro. Quando faceva un film, trascurava tutto il resto. Nel corso di due anni, per Barry Lyndon, ha ascoltato tutta la musica del XVIII secolo e visionato tutti i quadri francesi, inglesi e italiano dell'epoca. Si immergeva fino a perdersi nel mondo che stava creando. Tendeva alla perfezione. Cercava la pietra filosofale, vi era un aspetto faustiano nella sua personalità. Avrebbe anche potuto studiare il Talmud... Ha fatto solo tredici film. Non sono molti, ne convengo, ma Leonardo da Vinci non ha fatto molti quadri in più. L'importante è fare delle opere qualitativamente buone.

Come viveva il quotidiano?
Con suo moglie, una pittrice e le loro due figlie. La sue esistenza era, quella tranquilla, di un gentiluomo di campagna, a 50 chilometri da Londra. Cenava con i suoi collaboratori ed era sempre disponibile per le persone che lavoravano per lui, ma non frequentava amichevolmente il mondo esterno.

Come potrebbe definire il genio personale di Kubrick?
Di avere avuto la capacità di essere straordinariamente presente in tutti i suoi film, pur cancellando le sue tracce. Lui aveva compiuto ed incarnato questo paradosso: essere sempre differente ma allo stesso tempo se stesso nel momento in cui l'arte moderna esige che si abbia uno stile immediatamente riconoscibile e al quale ci si attenga. Si rinnovava incessantemente. Come tutti i grandi artisti, temeva di essere identificato. L'altro aspetto del suo genio, è di essere stato in grado di percepire tutte le angosce del mondo contemporaneo. D'aver saputo, in quanto lettore di Freud e appassionato di psicanalisi, dare ad ogni film un approccio differente. Era allo stesso tempo, ossessivo con il suo sguardo penetrante e completamente aperto sul mondo. Prendiamo Barry Lyndon: è una cosmogonia, una riduzione dei caratteri di tutta l'umanità in tre ore, con la morte, la famiglia, l'ascesa sociale, la religione e la guerra.

Come spiega che si possa fare un opera così coerente visitando dei generi cinematograficamente tanto diversi, come il thriller, il peplum, la fantascienza o la commedia?
E' semplice: Kubrick era un cinefilo, ma non voleva essere un autore. Se avesse potuto, avrebbe ritirato la sua firma. Ed inoltre, vedeva molti film vecchi. In ogni genere, aveva l'ambizione folle di fare meglio di tutti i suoi predecessori.

Come girava, come erano i suoi rapporti con la telecamera e gli attori?
Ha sempre rifiutato la presenza dei giornalisti sul set. Ma è risaputo che faceva molte riprese. La telecamera lo appassionava ed era stato fotografo. In effetti era lui, il capo operatore dei suoi film. Lui stesso portava la telecamera al punto giusto, allo scopo di ottenere l'inquadratura e il movimento di camera che desiderava. Amava i commedianti, adorava Peter Sellers, James Mason, Jack Nicholson e accettava volentieri che essi gli dessero dei suggerimenti. In breve, non era il tiranno che si dice.

Gli hanno rimproverato di mancare d'immaginazione, in quanto si ispirava a opere letterarie, Lolita di Nabokov, Odissea nello Spazio di Clarke, Arancia Meccanica di Burgess o Barry Lyndon di Thackeray...
I suoi primi due film erano originali, ma a partire dal terzo, in effetti, tutti i suoi film sono stati ispirati da opere letterarie. Anche Racine si è ispirato ad opere antiche. Si può essere originali ispirandosi. Mozart si è ispirato ad opere preesistenti o a libretti scritti da altri. Dreyer, Visconti, anche loro lo hanno fatto. Quindi, dov'è il problema?

Ci sono dei film di Kubrick che porreste in cima alle sue preferenze?
Sì, senza esitare, 2001: Odissea nello Spazio e Barry Lyndon.

Cosa sa del suo ultimo film, Eyes Wide Shut?
So che è una storia di gelosia sessuale. Ispirata ad un romanzo breve di Arthur Schnitzler, Doppio Sogno. Un uomo e una donna che si raccontano i loro sogni e le loro esperienze notturne. Dopo Arancia Meccanica, me ne aveva parlato, ma non sapeva come risolvere la fine della sceneggiatura. Non si pensa a Kubrick solo come a un pittore di coppie, ma quando si guarda Lolita, Shining o Barry Lyndon, si parla di amore deviato o perverso.

Il avait un côté faustien, di Francois Forestier
Le Nouvel Observateur, numero 1818
Traduzione dal francese per ArchivioKubrick di Rufus McCoy

Michel Ciment
 
Le guerre di Stanley Kubrick
di Sergio Triolo

Ad un anno dalla morte di Stanley Kubrick, incontro a Gemona, al vernissage della mostra Stanley Kubrick: verso il 2001, Michel Ciment, redattore della celebre rivista francese di critica cinematografica Positif, docente di civiltà americana alla Sorbonne, nonché estensore della biografia ufficiale del regista newyorchese, pubblicata in Italia alcuni mesi fa per la Rizzoli e ampliata rispetto all'edizione francese del 1981.

"The Killing - dichiara Ciment - mi fece scoprire Kubrick. Fu un film rivelazione per la critica, in quanto permise di osservare attraverso un noir il vero volto della società americana. I due film che seguirono, Orizzonti di Gloria e Spartacus, gli valsero la bollatura di cineasta di sinistra. In realtà, racchiudere Kubrick in una categoria politica è riduttivo."

Per chi ama Kubrick, Michel Ciment è una vera miniera di notizie, di aneddoti accumulati in più di trent'anni di amicizia: "Lo conobbi – continua Ciment – grazie ad un'intervista in occasione dell'uscita di 2001: A Space Odissey; in realtà fu difficile farlo rispondere. Capii in fretta che piuttosto egli amava rispondere alle proprie domande, oppure interrogare chi lo intervistava, chiedendo giudizi su film di altri cineasti."

Quasi tutti i film di Kubrick sono tratti da romanzi. E' un omaggio dell'occhio alla scrittura o una semplice fonte di soggetti?
Non credo sia un omaggio dell'occhio alla scrittura. La letteratura è semplicemente fonte di ispirazione per la sceneggiatura. Kubrick ha scritto solo due sceneggiature - Fear and Desire e Killer's Kiss - entrambe agli inizi della carriera. Successivamente le ha sempre considerate molto deboli, primitive. Si può tranquillamente affermare che dopo queste prove non ebbe più fiducia nella propria immaginazione. Confidando invece nell'immaginazione letteraria decise di lavorare partendo da opere già esistenti. Pur essendo molto fedele nella traduzione filmica dei libri, al tempo stesso è stato sempre capace di piegare l'opera letteraria alla sue fantasie visuali. Per capire davvero Kubrick, è necessario comprendere che fu innanzitutto un fotografo. E un fotografo dipende dalla realtà, da una realtà. Kubrick aveva bisogno di aggrapparsi alla realtà: la realtà di un libro, della documentazione. Credo che all'origine di questa necessità ci sia la fotografia. In questo senso si può affermare che Kubrick sia all'opposto di Fellini, il quale rappresenta la libertà dell'immaginazione.

Barry Lyndon, Arancia Meccanica, Eyes Wide Shut, solo per citare alcuni film: in che modo la musica, la pittura e le arti in genere hanno influenzato l'opera di Kubrick?
Tutti i grandi registi, fatta eccezione oggi forse per la nuova generazione europea, sono stati ispirati da qualche forma d'arte. Il cinema è la sintesi di tutte le arti: del teatro, della musica, della letteratura, della pittura, dell'architettura. Pur non amando i dogmatismi, anzi ogni suo film reca un proprio pragmatismo, Kubrick non è differente dagli altri. Ogni suo film ha regole proprie e impone delle precise soluzioni di esecuzione. E' il caso di Barry Lyndon ad esempio, film storico ambientato nel diciottesimo secolo. Oggi noi conosciamo questo periodo principalmente grazie all'arte. La ricerca che fece fu quindi condotta sulla pittura e sulla musica dell'epoca, anche se in alcuni casi non manca il ricorso a delle distorsioni consapevoli (Schubert infatti non era del XVIII secolo). Ciò che conta è la ricerca del preciso contesto culturale dell'epoca. All'opposto sta Full Metal Jacket. In questo caso l'esperienza generalmente condivisa del Vietnam si fonda sulla fotografia, sull'attualità cinematografica, sui documentari. Partendo da questi documenti Kubrick condusse la propria ricerca sforzandosi di restituire un'immagine del Vietnam che non si discostasse dall'immaginario collettivo. In questo processo, al contrario di Barry Lyndon, le immagini subiscono una sorta di stilizzazione, un lavoro formale che parte dalla documentazione del reale. Ancora. Nel caso di Arancia Meccanica è il futuro prossimo che si esplica. La fonte di ispirazione è la pop art, la decorazione futurista, il design più innovativo, elementi che quasi anticipano i tempi. Dunque non è possibile classificare le opere di Kubrick con delle teorie generalizzanti. E' Bresson che ha una concezione dogmatica del cinema che applica a tutti i suoi film. Ma Kubrick non è Bresson. Ogni film in Kubrick genera la propria estetica.

Credo si possa affermare che Kubrick abbia esplorato tutti i generi. Tra tutti ne prediligeva qualcuno? E soprattutto, come li ha interpretati?
Se si escludono la commedia musicale e il western, Kubrick ha esplorato tutti i generi. Eppure non credo avesse un genere preferito. Oltre ad essere un fotografo, Kubrick fu un raffinato cinéphile alla maniera di Godard e di tutti quelli appartenenti alla Nouvelle Vague. E' stato un regista nutritosi con migliaia di film d'autore, Chaplin, Laurence Olivier, De Sica. Si sentiva in competizione con i grandi del cinema e tentava sempre di superarli. Stimolo irresistibile alla competizione erano le imperfezioni che scovava nei film altrui. Quando realizzava un film di genere, poniamo di fantascienza, guardava tutti i film di fantascienza a sua disposizione per capire cosa ci fosse di poco convincente, quali fossero le stilizzazioni banalizzanti che restituivano una sensazione di falso. Per esempio, guardando Metropolis si ha l'impressione che non ci si trovi di fronte alla realtà del futuro. Ecco quindi giustificato 2001: Odissea nello Spazio, grazie al quale abbiamo davvero la sensazione di trovarci nello spazio, di essere un cosmonauta. E' l'idea della fotografia che ritorna, della verità del momento. Riuscire a far avvertire la verità del momento della ripresa fotografica, come se realmente quella ripresa fosse avvenuta nello spazio. Quando Kubrick raggiungeva la consapevolezza di aver toccato una sorta di limite perfetto, allora sentiva il suo compito esaurito e veniva colto dal bisogno di gettarsi in un'altra diversa impresa.

Il Novecento è stato il secolo delle guerre mondiali, della bomba atomica. Qual è stato l'aspetto della guerra che Kubrick è riuscito più efficacemente a mostrarci?
La guerra è il soggetto di tutti i film di Kubrick. Ogni genere gli ha sempre fornito il pretesto per illustrare una guerra: la guerra di coppia, la guerra del robot e del computer contro l'uomo, la guerra di classe. C'è sempre la guerra nei film di Kubrick. Shining è la guerra, Eyes Wide Shut è la guerra. La guerra propriamente detta non è altro che la somma delle pulsioni aggressive esistenti nell'essere umano. In Kubrick la guerra si rivela come forma di pessimismo che lo induce a non credere nella bontà umana. Per lui l'uomo ha un'inclinazione innegabilmente aggressiva; la guerra non è altro che metafora della condizione umana. Full Metal Jacket è un film senza alcuna illusione sulla guerra. Certo, la guerra può diventare spettacolo umanista dove l'uomo può essere amico dell'altro uomo; può essere spettacolo dove l'uomo diventa eroe; può essere uno spettacolo estetico, come in Apocalypse Now con la musica di Wagner. Ma in Full Metal Jacket non c'è alcuna possibilità di sfuggire all'orrore; è una situazione senza uscita. L'unica cosa che alla fine rimane, è il sentimento di Matthew Modine che dice: "Io sono vivo in un mondo di merda." La sola cosa che conta è essere vivo, non rimane altro.

In 2001 l'umanità nasce da un atto violento. Del resto molti film evidenziano la natura maligna dell'uomo: la guerra e il militarismo, la sopraffazione, la follia. La sensazione che si ricava è di diffuso pessimismo. Un futuro pacifico era per Kubrick un'utopia?
Credo che Kubrick non dica che non c'è progresso nell'umanità. La medicina, l'educazione, la tecnologia lo dimostrano. Il vero problema è che lo sviluppo tecnologico, scientifico, fondamentalmente non muta la natura dell'uomo. La società progredisce, ma di fatto l'uomo rimane fermo. Oggi l'uomo non è né più intelligente né più capace di dominare le proprie passioni rispetto all'uomo di duemilacinquecento anni fa. E' questo il messaggio del Dottor Stranamore. Duemilacinquecento anni fa, se un generale fosse diventato pazzo avrebbe potuto uccidere dieci uomini con una pietra o una freccia; oggi potrebbe far saltare il pianeta intero. L'orrore del mondo moderno è la distanza sempre più vasta fra le capacità tecnologiche dell'uomo e il suo stato psichico-emozionale rimasto stazionario. Dunque le guerre diventano sempre più terribili, perché la parte animale dell'uomo è rimasta immutata e le conseguenze possono essere molto più tragiche di tremila anni fa.

Insomma, non c'è ottimismo!
Non è che Kubrick fosse irrimediabilmente pessimista, è il mondo che non consente l'ottimismo. Se si osserva il XX secolo, o se più semplicemente si guarda agli ultimi venti anni, ci si chiede: dove sono il progresso, l'utopia, l'ottimismo? Nell'analisi dell'esistente egli è stato fortemente influenzato da Freud. L'arte di Kubrick come la medicina di Freud. Kubrick è stato un medico che ha fatto una diagnosi per mezzo dell'arte. Non è stato lui a trasmettere la malattia. L'ha semplicemente diagnosticata. Se un medico vi dice che avete un cancro, non dite che il medico è pessimista solo perché ha semplicemente constatato un dato di fatto. Stalin e Hitler detestavano la psicanalisi. Perché? Perché le conoscenze che la psicanalisi offre permettono di analizzarsi, di controllarsi. Dunque c'era dell'ottimismo in Kubrick, un ebreo pedagogo che credeva nella conoscenza attraverso la quale voleva dare al suo pubblico una spiegazione del mondo. Se l'uomo comprende la propria natura maligna, imparando a conoscere e dominare le proprie pulsioni, allora può darsi che ci sia una speranza di guarigione. Altrimenti non ci sarà spazio che per il peggiore e ingiustificato ottimismo.

Cineteca del Friuli, 29 Aprile 2000

Michel Ciment
Argomenti correlati
. Confronto tra John Baxter e Michel Ciment: i due critici kubrickiani più famosi discutono sulla compiutezza di Eyes Wide Shut.
 
Caleidoscopio
Home > Testimonianze > Persone: Michel Ciment