Critica d'epoca
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Giovanni Grazzini
Scheda del critico del Corriere della Sera

Fiorentino di nascita, ma milanese d'adozione, Giovanni Grazzini (1925-2001) è stato il più influente critico cinematografico italiano degli ultimi decenni del secolo scorso.

Partito con velleità letterarie, costantemente frustrate, si accosta quasi per caso, alla soglia dei 40 anni, all'attività di recensore. Assunto come giornalista al Corriere della Sera nel 1961, dall'anno successivo inizia a scrivere di cinema, dapprima quale "inviato" ai festival, e poi come collaboratore fisso della pagina dedicata agli spettacoli.

Nell'arco di dieci anni reinventa letteralmente il mestiere, prendendo le distanze sia dalla consolidata tradizione dei quotidiani, le cui recensioni erano asettiche e superficiali, sia dal ponderoso stile accademico delle riviste specializzate e "paludate". Gli scritti di Grazzini, dallo stile linguistico colto e piacevole, sono sanguigni, combattivi, ma soprattutto concettualmente chiari.

A metà degli anni Settanta il suo prestigio è cresciuto al punto da venir nominato Presidente dell'Associazione Nazionale dei Critici Cinematografici, e contemporaneamente l'editore Laterza pubblica una prima raccolta di sue recensioni in una collana di larga tiratura, che avrà numerose ristampe e altrettanto numerosi seguiti. Fino al 1993, data del ritiro dall'attività, ogni anno vedrà l'uscita di una o più raccolte retrospettive di sue recensioni, fino a coprire l'intero arco della sua carriera. Tale fortunata formula (impensabile prima dell’avvento di Grazzini) sarà imitata da altri editori, coinvolgendo critici di prestigio, ma nessuna di queste iniziative incontrerà un successo paragonabile a quello del critico fiorentino.

Grazzini ha avuto, nei confronti di Kubrick, un atteggiamento di progressiva ammirazione, sempre però "a scoppio ritardato". Pur essendo molto aperto alle innovazioni stilistiche, senza preconcetti moralistici verso sesso e violenza (se non quando morbosamente fini a sè stessi), il recensore del Corriere ha faticato spesso ad assimilare, a botta calda, le manifestazioni del genio di Kubrick. Le recensioni di "prima visione" sembrano esprimere (almeno per i primi film) una parziale delusione, frutto di aspettative disattese: ma a distanza di tempo, magari in occasione del successivo film kubrickiano, tali riserve paiono sparire per incanto, e il precedente film, da "incompiuto", diventa per Grazzini un capolavoro paradigmatico, col quale confrontare lattuale opera da recensire.

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