Dr. Stranamore
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Ken Adam
Il famoso scenografo racconta le peripezie sul set del Dr. Stranamore.

Ken Adam, set designer tra i più abili e dotati di talento, ha collaborato due volte con Kubrick, per Il Dr. Stranamore e Barry Lyndon.

Durante gli anni, tra i due, si è creata una solida amicizia (a tratti sfinente, secondo alcune dichiarazioni dello stesso scenografo), tanto che Kubrick ha prestato il suo aiuto per risolvere un problema di illuminazione nel film su 007, La Spia che mi Amava, in cui stava lavorando Ken Adam.

I rapporti di amicizia tra le due famiglie sono continuati nel tempo e Adam si è trovato anche ad essere il capo di Katharina Kubrick Hobbs, figlia adottiva di Kubrick, quando questa fu assunta come set decorator per un altro dei film della serie 007.

 
Il designer Ken Adam racconta come Stanley Kubrick gli fece abbandonare il suo blocco di disegni per il set di Dr. Stranamore
di Ken Adam

Ken Adam

In alto, il progetto per la War Room del film; in basso Ken Adam in posa nel set ultimato.

Stanley Kubrick era rimasto impresso dal mio lavoro per Agente 007: Licenza di uccidere (1962). Ci incontrammo la prima volta all'Hotel Westbury e lui iniziò a spiegarmi come pensava di rendere visivamente Dr. Stranamore (1963). Aveva una personalità affascinante - non avevo mai lavorato con un regista di quel calibro e intelligenza prima di allora. Aveva un enorme fascino e un senso dell'umorismo molto satirico. C'era anche un lato ingenuo in lui, ma ovviamente era autocratico nell'ottenere quello che voleva. Aveva un'intelligenza straordinaria, simile ad un computer, una mente inquisitrice. Conosceva ogni aspetto della lavorazione di un film, oltre che del design, e voleva sapere che cosa motiva le decisioni di un designer. Dovevo continuamente giustificare i miei schizzi o quant'altro - poteva essere molto esigente, ma sapevi sempre che c'era un enorme cervello dietro tutte quelle domande.

Lo portavo in auto ogni mattina avanti e indietro dagli studi di Shepperton (a quel tempo possedevo una Jaguar modello E); l'ho portato in macchina per sei mesi. E' un bel po' di tempo da trascorrere con qualcuno in auto, specialmente per il fatto che lui insisteva a non farmi guidare sopra le 30 miglia orarie. Avevo il vantaggio di sapere tutti i suoi cambiamenti di idea e lo trovavo una persona affascinante, molto interessata alle mie avventure. Sono stato un pilota da combattimento nella Seconda Guerra Mondiale e dovevo raccontargli tutte le mie esperienze - credo anche di essermene inventate alcune del tutto nuove.

Il mio primo incarico fu dato dal fatto che il soffitto doveva essere reso mobile perché i cameraman preferiscono l'illuminazione dall'alto. Ma Stanley insisteva che le pareti nella war-room dovevano essere fissate permanentemente, perché voleva costringere i cameraman a usare l'illuminazione di scena. Così io me ne uscii con un disegno che prevedeva un anello luminoso come parte integrante della scenografia. Allora lo testammo per ore nel mio ufficio durante la serata, finché Stanley non fu soddisfatto del modo in cui l'anello avrebbe illuminato i 26 attori seduti attorno al tavolo.

Sono sicuro che la mia esperienza come pilota della RAF mi abbia aiutato. Sapevo abbastanza di bombe, razzi e missili, anche se non sapevo affatto come doveva sembrare una bomba atomica. Ho dovuto spremermi le meningi per decidere se farla grande o piccola e alla fine scelsi per molto grande. A Stanley venne l'idea di scrivere "Hi, there" e "Hello" sul davanti delle bombe.

Il personale dell'aeronautica che visitò il set pensò che fossimo stati piuttosto accurati. Rimasero stupiti dal realismo del B-52 - la struttura del cockpit, le leve dei comandi, gli indicatori, e il CRM, che era un dispositivo a prova di errore per richiamare i bombardieri nel caso in cui lo show fosse stato annullato. Ci procurammo un sacco di informazioni dal Flight Magazine e da Jane's. Le autorità statunitensi non ci furono molto di aiuto a causa di quello che seppero sull'intento satirico del film.

Era il periodo della crisi dei missili a Cuba. Eravamo tutti estremamente preoccupati circa la possibilità di una guerra nucleare. Stanley ci disse che avremmo fatto meglio a prendere tutti i nostri soldi dalle banche. Aveva studiato i grafici sulle ricadute di materiale radioattivo e pensava che il posto più sicuro dove andare in caso di guerra nucleare fosse Cork, nella Repubblica Irlandese. Come fosse arrivato a questa conclusione non l'ho mai scoperto.

Fui certamente influenzato dall'espressionismo tedesco -avevo 13 anni quando lasciai la Germania ma da bambino, a Berlino, avevo visto Il Gabinetto del Dr. Caligari (1919) e mi aveva molto colpito. Man mano negli anni seguenti, ritornai più volte a quel film - mi attraeva perché il suo design era stato realizzato dagli artisti espressionisti che ci si erano accostati in un modo molto teatrale. Durante i miei studi di architettura mi ero anche interessato parecchio nell'architettura della Bauhaus.

Si cresce di pari passo con la costruzione di un set - sei lì tutti i giorni, lo vedi venir su. Alla fine, la war-room, con le sue enormi superfici pendenti riflesse sul pavimento nero luccicante, aveva un effetto claustrofobico su chiunque ci stesse lavorando o che dovesse recitarci dentro. Lo sceneggiatore Terry Southern aveva uno stravagante senso dell'umorismo: mi ricordo quando vide la prima volta la war-room e disse: "Davvero un bel set, ma verrà decorato?" Gli dissi che stava vedendo tutto il decor che c'era.

Inizialmente avevo studiato un differente design, basato su uno scarabocchio che avevo fatto mentre discutevo con Stanley. Era una specie di anfiteatro a due livelli. Pensavo a quel tempo che lavorare per quel film fosse piuttosto semplice perché Stanley accettò immediatamente lo schizzo grezzo. Poi però, dopo due o tre settimane, una mattina mentre stavamo andando in macchina allo studio, lui disse che non sapeva cosa farsene del secondo livello e che sarebbe stato pienato di comparse sedute lassù con l'aria troppo da intellettuali. Disse che avrei dovuto pensare a qualcosa di differente. Questo davvero mi fece tremare. Fui costretto a farmi passare lo shock passeggiando per i giardini di Shepperton.

Iniziai a disegnare ancora e me ne uscii con un'idea triangolare. Lui disse: "Non è il triangolo la figura geometrica più forte?" e io dissi di sì. Allora mi chiese come avrei trattato le superfici della pareti e io dissi che avrei usato cemento armato. Avrebbe dovuto assomigliare ad un gigantesco rifugio sotterraneo antiatomico. Fu quest'idea a convincerlo.

Lavorando con Stanley, ho dovuto costringere me stesso ad essere più elastico. Attraverso i miei studi di architettura - e forse anche a causa del mio carattere - ero troppo pedante e rigido nel mio approccio al disegno progettuale. Iniziai ad usare un gosso pennino a punta morbida chiamato Flowmaster. Questo mi costrinse a esprimermi più drammaticamente e mi dette l'opportunità di usare il chiaroscuro per influenzare l'atmosfera dei disegni. Ho mantenuto quel metodo di lavoro per molti anni a venire.

Ho lavorato con Stanley anche per Barry Lyndon (1975). Durante le fasi iniziali avevamo un gran numero di fotografi che scattavano foto entro un raggio di 30 miglia dalla casa di Stanley. Dovevano essere diapositive, così che ogni sera avevamo proiezioni di tutti i fotografi. Stanley sembrava essere più attratto dall'architettura vittoriana piuttosto che da quella giorgiana. Discutemmo molto su questa questione all'inizio. Facemmo anche molta ricerca tra i pittori di quel periodo (Hogarth, Rowlandson, Gainsborough, Reynolds e così via) e nei libri del diciottesimo secolo. Alla fine diventò un vero esperto.

Aveva la capacità di essere in forma con sole tre o quattro ore di sonno. Io non avevo certo quella resistenza. In più non eravamo poi così ben organizzati quando andammo in Irlanda. Io continuavo ad andare in cerca di locations per soddisfare Stanley. Guardavo i giornalieri con lui alle 23.00 e lo raggiungevo alle 5.30 di mattina. Diventai alla svelta piuttosto ammalato.

Non ho più lavorato con Stanley dopo Dr. Stranamore e Barry Lyndon, ma siamo rimasti amici. Quando lavoravo al film La spia che mi amava (1977) avevo alcuni problemi con l'illuminazione di scena in uno dei giganteschi set - l'interno di un super-carroarmato. Detti un colpo di telefono a Stanley e gli chiesi di aiutarmi a piazzare le lampade. Era molto riluttante - non voleva che nessuno sapesse che mi aveva influenzato. Alla fine mi accordai con lui affinché venisse una domenica mattina sul set, garantendogli che non ci sarebbe stato nessun altro. Venne agli studi di Pinewoood. Passò li tre o quattro ore, aiutandomi. Mi mise sulla giusta direzione, diciamo così.

Al di là del genio che indubbiamente era, Stanley è tra le più affascinanti e carismatiche persone che abbia mai avuto il privilegio di chiamare mie amiche.

Ken Adam Directs
Sight & Sound, Settembre 1999 Traduzione italiana per ArchivioKubrick
Ken Adam
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