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Domenica 18 Luglio 2004

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Cinema: Cult
Stanley Kubrick: dal particolare all'universale.
Ad un anno e mezzo dalla morte e a pochi mesi dal 2001, un carrello laterale sulla carriera del grande regista, piccolo tributo e invito alla visione.

Ogni mese che passa senza che Stanley Kubrick faccia un film è una perdita per tutti.
Sidney Lumet


Stanley Kubrick è morto il 7 marzo 1999. Non ha fatto in tempo a vedere il 2001, l'anno che aveva visionariamente visitato nel suo capolavoro di fantascienza.
C'è chi ha calcolato che dalla data della sua morte al 1 gennaio 2001 trascorreranno 666 giorni.
La rivista Premiere, in un elenco dei quindici individui che definivano il futuro high-tech del cinema e non solo, battezzava Kubrick "Messia".
L'ultimo suo film, Eyes Wide Shut ha scatenato, su internet, dal 1995, anno dell'inizio della lavorazione con gli attori, una vera e propria isteria con siti che seguivano gli avvenimenti sul set, tentando di violare l'estrema riservatezza della produzione.
Sono fiorite leggende sulla maniacalità di Kubrick, sul fatto che non rilasciava interviste dal 1987, sui falsi avvistamenti a Londra, sull'uomo che si spacciava per lui entrando gratis in cinema e ai ricevimenti, sulle torture agli attori e su molto altro, la maggior parte delle volte per sfruttare un tema caldo e di sicuro richiamo, una sorta di Lady Di per appassionati di cinema.
A tutte queste notizie, spesso false, ha risposto la sua famiglia dopo la morte, la moglie Christiane e le tre figlie, rilasciando dichiarazioni e interviste per far passare un'immagine diversa di quest'uomo.

Uomo appunto: leggendo le parole di chi ha lavorato con lui si possono trovare sempre due versioni degli stessi fatti, quelle di chi parla col dente avvelenato e quelle di chi è e sarà eternamente grato per l'occasione ricevuta di lavorare col maestro ("miracolato" era la parola usata da Tom Cruise). Come sempre succede, la verità probabilmente sta nel mezzo: ognuno riceve giudizi positivi e negativi dalle persone con cui entra in contatto.
Il punto fermo è che Kubrick è un grande uomo per i film che ha saputo realizzare: ogni sua opera è diversa dalle altre, tocca temi differenti pur mantenendo una coerenza di idee degna di un filosofo (altro paragone classico per parlare di Kubrick). I suoi film possono essere trattati come libri, come saggi di un intellettuale sui più disparati argomenti, dall'inevitabile necessità della guerra alla crisi della famiglia, dalle disfunzioni della società alle pulsioni sessuali fino all'origine dell'intelligenza umana.

Con la stima che si è conquistato film dopo film, ci si può sentire obbligati a considerare le sue opere capolavori; passando un paragone un po' azzardato, dire che un film di Stanley Kubrick ci ha fatto schifo è come affermare che "I Promessi Sposi" sono un romanzo inutile: la tentazione è forte, poi ci si chiede come mai nessun critico e storico letterario abbia mai trattato con sufficienza il lavoro manzoniano e perché si continui a insegnarlo nelle scuole, tanto che poi lasciamo perdere e lo studiamo lo stesso. I film (molti film, alcuni film) sono opere d'arte e quindi restano separati dal mondo, lontani dalle teorie interpretative, ad irradiare senso. I film di Stanley Kubrick non fanno eccezione, possono piacere o non piacere, interessare o non interessare, come un romanzo, un quadro, una musica. Ma nessuno potrà mai dire che non rappresentino un passo avanti dall'ignoranza alla conoscenza per il genere umano.

Come primo motivo, per la loro straordinaria potenza visiva, per la perfezione della realizzazione tanto da poter essere presi a modello di esemplificazioni di teorie cinematografiche (un po' come alcuni passaggi in Hitchcock): l'utilizzo della musica a commento delle scene in 2001: Odissea nello Spazio; lo stesso uso della musica, ma come personaggio a sé stante, autonomo, quasi deus ex machina dell'intera vicenda, in Shining; le forzature di montaggio in Arancia Meccanica (ralenti e accelerazioni che poi hanno fatto scuola); la fotografia a luce naturale in Barry Lyndon (non gratuitamente, non solo per eleganza formale, ma per filmare il secolo dei lumi); le carrellate inverse e simmetriche di Orizzonti di Gloria, che risucchiano ambienti e personaggi; i movimenti aerei tra ambienti chiusi con la steadycam ancora in Shining.

La seconda ragione dell'importanza e della grandezza di Kubrick sta nella trattazione delle storie scelte come base per i suoi film: trovato un racconto o un romanzo, gli eventi della narrazione sono trasformati filmicamente in modo da mantenere un valore come storia singola, nel rispetto delle intenzioni dell'opera, ma allo stesso tempo i temi proposti vengono dilatati fino ad assumere valenza universale: parlando di un uomo, di una donna, di una storia, Kubrick riusciva a dire la sua su ogni uomo, ogni donna e ogni situazione umana.

Così, Orizzonti di Gloria è un racconto sull'esercito francese durante la Prima Guerra Mondiale, ma anche una trattazione sui meccanismi del potere e sull'avidità congenita in chi ha guadagnato un posto di rilievo nelle forze militari o, in generale, nei settori della società dove si decide per le masse; Lolita riprende il romanzo di Nabokov e ne amplifica la tematica dell'ossessione e del desiderio irrazionale, diventando un'opera sulla crisi della ragione intellettuale; Il Dottor Stranamore è una satira irriverente che funziona grazie a personaggi che a prima vista sembrano solo macchiette ma che in realtà rispecchiano tendenze profonde della mente umana come l'invidia, il desiderio di essere i migliori, i deliri di onnipotenza e l'inevitabile irrazionalità delle decisioni che prendiamo (come se la scena all'interno della War Room fosse una sorta di dramma cerebrale, una rappresentazione del cervello tramite personificazione dei suoi elementi); 2001: Odissea nello Spazio è un vero trattato filosofico mascherato da film di fantascienza, con l'esplorazione del cosmo che fa da tema portante per riflessioni sulla nascita dell'intelligenza umana, sulla violenza come pulsione basica dell'uomo, sul perché dell'esistenza, sulla religione, sulle meccaniche celesti, sulle ambizioni e sui limiti del progresso tecnologico e su molto altro ancora; Arancia Meccanica segue le (dis)avventure di un ragazzo violento manipolato da uno Stato centrale forse peggiore, per diventare, secondo le parole di Luis Bunuel, "una brillante riflessione su ciò che è il mondo moderno" e, secondo le intenzioni di Kubrick stesso, una riflessione sul libero arbitrio e sulle costrizioni della società, su "come l'autorità possa conservarsi senza diventare oppressiva"; Barry Lyndon è un linearissimo racconto di ascesa e caduta di un giovanotto del '700, ma funziona anche (o soprattutto) come analisi dell'Illuminismo (nella poetica kubrickiana, secolo alla base del mondo moderno) che si voleva rappresentare come perfetto, paritario ed elegante, ma che in realtà era inevitabilmente lurido e parziale come sempre; Shining riesce ad essere un vero film horror, terrificante e pauroso e, incredibilmente, allo stesso tempo una lucida riflessione sulla famiglia e sui rapporti tutt'altro che idilliaci che si instaurano tra persone unite da affetto e da legami (appunto) di sangue; Full Metal Jacket torna ancora sul tema bellico, rappresentando il conflitto vietnamita e parlando dell'inadeguatezza del sistema militare, della pervasività dei media, dell'importanza della propaganda come metodo per manipolare la realtà e della distruzione dell'identità individuale all'interno di un sistema organizzato; Eyes Wide Shut infine è una storia di fedeltà coniugale persa e riconquistata, oppure di fedeltà mai guadagnata, oppure ancora di costrizioni alle quali ci atteniamo per vivere in maniera soddisfacente, ma è anche un racconto sul potere, su chi sa cose e non le dice, su chi tenta disperatamente di arrivare alla verità scoprendo un obiettivo vano, su chi maschera la realtà, su chi inganna e su chi soccombe agli inganni.
Eyes Wide Shut è un film assolutamente ambiguo, che può essere preso perfettamente come dimostrazione di due tesi opposte, una a favore della famiglia, unico luogo di salvezza e stabilità, l'altra, pessimistica e cinica, che ribadisce che tutto è finzione e che i rapporti umani sono dominati dai compromessi.

L'utilizzo di una storia ben definita per parlare di temi più ampi attinenti l'essere umano non è certo, fortunatamente, un'idea solo di Stanley Kubrick, ma si può dire che è alla base dell'arte. Per restare nel campo del cinema, Jane Campion in Lezioni di Piano ha agito esattamente così, prendendo un'intensissima storia d'amore e adoperandola per un'esplorazione di come nascono e si sviluppano i sentimenti umani dell'amore, dell'eccitazione, dell'invidia, della gelosia. Stessa cosa anche per Johnathan Demme, che con Il Silenzio degli Innocenti prende un thriller e lo trasforma in un racconto sulla potenza delle ossessioni e del passato, oppure per Ridley Scott che con Blade Runner mostra tutte le problematiche legate agli organismi artificiali: gli esempi sono molteplici.

Forse la particolarità di Kubrick sta nell'aver fatto film sempre diversi, nell'aver piegato le regole dei generi cinematografici al suo volere pur mantenendole funzionanti, o forse nell'aver fatto film che chiudono tali generi, creando l'opera definitiva di fantascienza, di horror, di guerra, ecc.

O forse, semplicemente, nel non aver mai sbagliato un colpo.


We'll meet again, I don't know where, I don't know when,
but I know we'll meet again, some sunny day...
(canzone sulla scena finale di Il Dottor Stranamore, dopo lo scoppio delle bombe atomiche e la distruzione del mondo)

Di Filippo Ulivieri
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